Le ‘scintille’ non ci sono (ancora), ma l’attivismo mediatico di Salvini sta diventando un problema. Il governo giallo-verde, alla soglia dei 100 giorni, svela i primi limiti di un’alleanza tra due forze, il M5S e la Lega, che hanno molte caratteristiche in comune ma obiettivi differenti. A partire dal fatto che il Carroccio una linea politica estera definita ce l’ha, ormai da quattro anni, e la sta alimentando dal primo giorno di questa nuova avventura: prima sfidando l’Europa sui migranti (caso Aquarius e Diciotti), poi attraverso l’alleanza tra il vicepremier e l’Ungheria di Orban e ora minacciando di tagliare la quota di contributi all’Ue di nostra competenza.
Una via l’altra, a Salvini finora sembrava bastasse veramente poco per prendersi la scena, valicando anche i confini della mediaticità patria. Le sue invettive sono tutte a ‘costo zero’ e con un rapporto ‘qualità-prezzo’ decisamente a favore del segretario leghista. Il problema è che ogni volta in cui decide di puntare i piedi con Macron, la Spagna, l’Unione europea o la Commissione Ue, a diventare rovente non è certo il suo telefono, ma quello del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Come è giusto che sia, in questi casi è al premier che gli altri leader chiedono delucidazioni, rispetto a quello che combina uno dei suoi vice. Finora Conte ha ‘coperto le spalle’ a Salvini, ma prima o dopo la misura potrebbe diventare colma.
Ecco perché i colloqui con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, braccio destro del segretario del Carroccio e uomo che gode di buona stima dalle parti del Quirinale, si stanno sempre più intensificando. Spesso viene chiamato a colloquio dal capo del governo (l’ultima volta martedì scorso), con il quale – dicono i bene informati – abbia stabilito un gran bel rapporto umano, e non solo di collaborazione. Anche se, ultimamente, al centro delle loro conversazioni ci sarebbe spazio quasi esclusivamente per due temi: la prossima legge di Bilancio e, appunto, il vulcanico attivismo di Salvini.
Di migranti se ne discuterà la prossima settimana, tutti insieme, come squadra di governo, alla piena ripresa dell’attività politico-parlamentare. Perché il tema va ‘condiviso’ e non lasciato solo nelle mani del ministro dell’Interno, evitando di creare così malumori nella truppa pentastellata, che sta facendo una fatica del diavolo a stare dietro al ‘socio’ leghista. Ogni volta che Di Maio e i suoi riescono a mettere a segno qualche ‘gol’ (vitalizi, decreto Dignità e pensioni d’oro), Salvini ha sempre pronto un ‘coniglio nel cilindro’ da tirar fuori conquistando prime pagine, aperture di telegiornali e media internazionali. Polemiche annesse, che comunque, se gestite con astuzia, fanno comunque gioco.
A Conte non viene chiesto di fare da ‘equilibratore’ o addirittura da ‘moderatore’ tra il populismo ‘spinto’ di Salvini e quello ‘ragionato’ di Di Maio, ma qualche lamentela al suo orecchio è arrivata. Con tanto di invito a intervenire per richiamare all’ordine il leader del Carroccio. Richieste puntualmente girate, con garbo, a Giorgetti. Sperando che almeno a uno dei suoi migliori uomini Salvini dia retta.