Al di là dell’emozione (esplicitata pubblicamente e non nascosta) di riferire per la prima volta in Senato da inquilino del Viminale, va detto che Matteo Salvini ha saputo mantenere fede al suo cliché di ‘duro’, di uomo dalle interlocuzioni esasperatamente dirette, di politico scevro dalle perifrasi ancorché si trovasse di fronte a un tema delicato, anzi minato, come quello dei migranti. Chiamato a riferire sulle vicende di Aquarius, ha ‘riferito’ per davvero: a suo modo, sforzandosi che il messaggio passasse forte e chiaro, infischiandosene delle proteste da bar sport, incassando gli applausi, leggendo e poi andando a braccio, alzando la voce, non abbassando mai il profilo dello scontro. Matteo boom boom, insomma.
Salvini ha raccontato tutto ciò che doveva raccontare passando subito all’attacco ventre a terra; ha puntualizzato menando fendenti a francesi e spagnoli; ha chiosato l’intera vicenda tirando le orecchie all’Europa e alla burocrazia internazionale. In fondo, il leader della Lega è stato coerente con se stesso e con il programma che vuole portare, Come se non fosse stato in un emiciclo dai pregiati velluti rossi ma in una piazza per un comizio elettorale, uno dei tanti. Ecco, conviene che tutti, amici e nemici, alleati e oppositori, facciano l’orecchio a questo modo ossuto, appuntito di esporre idee e pensieri. Che possono essere condivise o non condivisibili ma che non saranno mai vittime di equivoco. Al Senato o al mercato per Salvini il grigio non esiste, ci sono il bianco e il nero, giusto o sbagliato, o con me o contro di me.
Ne sanno qualcosa all’Europarlamento. Un mercoledì di qualche mese fa, il ciclonico Matteo prese la parola e chiese l’intervento di “medici bravi” per curare i deputati che discutevano del bavaglio a Facebook invece di occuparsi di disoccupazione e di migranti. E’ la comunicazione – non solo social – della Terza Repubblica più che del Terzo Millennio, slogan spogliati di qualsiasi involucro peloso e sparati in faccia a chi ascolta, in Italia e (nel caso) all’estero. Immaginiamo che né Emmanuel Macron né Pedro Sanchez siano attrezzati per dialogare così, senza paraventi, senza schermi protettivi, senza ammortizzatori dialettici.
Di sicuro questa maniera di porsi è nuova e stordente, anche se si prendono le contromisure a tutto e a tutti. Sarà il tempo e la storia a stabilire se (o chi) avrà ragione.