Dopo che Stati Uniti e alleati hanno tirato il freno sulla possibilità di un intervento militare in Siria in risposta al presunto attacco con armi chimiche a Douma, la questione torna al Consiglio di sicurezza Onu, convocato da Mosca. E al Palazzo di vetro l’ambasciatore siriano alle Nazioni unite, Bashar Jaafari, risponde alle richieste di reagire: “Se l’Occidente lancerà un’azione militare”, “non avremo altra scelta” e ci difenderemo. E questa “non è una minaccia ma una promessa”. E’ passata una settimana dalla notizia di un presunto attacco chimico su Douma, nella Ghouta orientale dove resistevano le ultime sacche ribelli al regime di Bashar Assad, in cui sarebbero morte decine di persone. Le foto e i video che mostravano adulti e bambini che faticavano a respirare, e i morti con la schiuma alla bocca, avevano inondato i media internazionali. E avevano scatenato, come già accaduto in attacchi analoghi del passato, l’indignazione generale e ‘riacceso’ i toni delle potenze mondiali.
Il presidente Donald Trump in un tweet si era rivolto alla Russia alleata di Damasco, invitandola a “prepararsi” perché “i missili arriveranno”. Salvo poi frenare e dire che nessuna tempistica era stata decisa. Anche la Francia aveva reagito parlando di “una risposta nei prossimi giorni”, correggendo poi il tiro e prevedendo una decisione a tempo debito”.
Il Regno Unito aveva spostato i suoi sottomarini più vicino alle coste siriane, facendo ipotizzare attacchi imminenti, mentre Germania e Italia avevano annunciato che non avrebbero preso parte ad azioni militari. Nel frattempo, oggi Mosca è tornata ad accusare “l’Occidente” di aver inscenato l’attacco di Douma: ha detto infatti di avere “prove della partecipazione diretta del Regno Unito nell’organizzazione di questa provocazione”. E il presidente Vladimir Putin ha lanciato un nuovo avvertimento, parlando al telefono con Macron: “La cosa più importante è astenersi da azioni avventate e pericolose che costituirebbero una grave violazione della Carta Onu e avrebbero imprevedibili conseguenze”.
Intanto, il mondo torna a parlarsi al Consiglio di sicurezza Onu, su richiesta di Mosca. Questo dopo che la proposta di risoluzione americana per istituire un meccanismo d’inchiesta indipendente sugli attacchi chimici è stata falciata dal veto russo, e che proposte di Mosca sono a loro volta state bocciate. Mosca al Palazzo di vetro ha accusato l’Occidente di voler “seminare il caos” e di aver come unico obiettivo “rovesciare il governo siriano”. La Francia ha detto invece che il regime è “al punto di non ritorno” e che l’Onu non può lasciare che Damasco continui a “trasgredire tutte le regole, costituisce una minaccia alla sicurezza internazionale”. Il segretario generale Antonio Guterres ha messo in guardia: “Tensioni sempre più vive e incapacità a trovare un compromesso per stabilire un meccanismo d’inchiesta minacciano di portare a una escalation militare totale” , il Consiglio “agisca in modo responsabile in queste pericolose circostanze”.
Da domani saranno attivi a Douma gli esperti dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), incaricato di verificare se siano o meno state usate armi chimiche.
Centinaia di combattenti islamisti ribelli e civili hanno lasciato la città oggi, a bordo di 95 pullman, ha riferito l’agenzia di stato siriana Sana, parte di un accordo siglato da Mosca per restituire il controllo del regime sulla zona vicina a Damasco. I ribelli di Jaish al-Islam hanno dichiarato di aver accettato di andarsene solo a seguito del presunto raid chimico. Gli attivisti dell’Osservatorio siriano dei diritti umani avevano confermato l’uscita dall’area di 85 bus carichi di combattenti e civili nei giorni scorsi.