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Storico referendum sull’aborto in Irlanda: pesano gli indecisi

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Venerdì gli irlandesi voteranno nel referendum sulla liberalizzazione dell’aborto, in una giornata storica per un Paese in cui è in vigore una delle leggi più restrittive d’Europa sull’interruzione volontaria di gravidanza. Tre milioni e duecentomila cittadini si esprimeranno sull’abrogazione dell’ottavo emendamento della Costituzione (l’articolo 40.3.3), introdotto nel 1983, che considera il feto un cittadino con gli stessi diritti di una persona e impedisce l’Ivg in ogni sua forma. Secondo i sondaggi, il sì è in testa con il 58% delle preferenze ma l’esito del voto può essere condizionato dal 17% degli indecisi. Se i dati venissero confermati dai risultati delle urne, si tratterebbe di una svolta per un Paese dove, secondo un sondaggio del 2016, a dichiararsi cattolico è l’80% degli abitanti.

La proposta del referendum si deve al primo ministro Leo Varadkar, eletto a giugno 2017, che aveva definito l’attuale legge “troppo restrittiva”. Una modifica era stata introdotta nel 2013, ammettendo la possibilità di abortire in caso di rischio “reale e concreto” di vita per la donna. Il provvedimento, chiamato ‘Protection of Life During Pregnancy Bill’ includeva, tra le situazioni di rischio, la minaccia di suicidio della donna e il disagio psichico. All’origine c’era stato il caso, rimbalzato sui media di tutto il mondo, di una donna di origine indiana incinta, la dentista Savita Halappanavar, morta per setticemia dopo che le era stata negata dai medici un’interruzione di gravidanza. Tuttavia, l’Ivg rimane vietata anche in caso di stupro, incesto e malformazione del feto. Gli aborti illegali sono punibili con quattordici anni di carcere, ma ogni anno sono migliaia le donne irlandesi che per abortire sono costrette ad andare all’estero, in particolare nel Regno Unito.

Durante la campagna per il referendum, la Chiesa cattolica irlandese ha scelto di mantenere una posizione defilata. In uno degli ultimi comunicati diffusi, però, il vescovo della diocesi di Kerry, Ray Browne, dopo aver ringraziato per il dibattito “rispettoso e sensibile”, ha aggiunto: “Venerdì voterò no. Vi incoraggio a fare lo stesso”. Gli appartenenti al cosiddetto movimento ‘pro-life’ si oppongono alle misure proposte per sostituire il sistema attuale: Ivg ammessa fino alla dodicesima settimana, fino a ventiquattro settimane per grave rischio di salute della donna, ed eccezioni per le malformazioni. L’obiezione di coscienza sarebbe permessa, con obbligo per il medico di trasferire il caso ad un altro specialista non obiettore. Durante la campagna il tono si è spesso acceso e non sono mancate le critiche sulle argomentazioni usate e su informazioni “false”. Il primo ministro ha denunciato l’uso, da parte dei ‘pro-life’, di immagini di persone con sindrome di Down, definendolo un nuovo tentativo di “condizionare il dibattito e creare confusione”.
 

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