Occhi puntati sul laboratorio di Ricerche applicate del Parco archeologico di Pompei. Sarà questo team di esperti il punto di partenza per le analisi preliminari dello scheletro del bambino ritrovato alle Terme centrali del sito campano. Grazie agli studi antropologici si arriverà a un primo screening della stato di salute della giovane vittima, per poi indirizzare le successive indagini esterne sul Dna. In questa prima fase, fanno sapere dai Beni culturali della cittadina in provincia di Napoli, al via analisi metriche, morfologiche e dei ‘marker’ di stress scheletrici, ovvero di misurazioni delle ossa e valutazioni di impronte muscolari sulle scheletro. Queste ultime, in particolare, sono utili a valutare se ci sono tracce di eventuali attività fisiche (trasporto pesi, deambulazione ecc.).
Incrociando la misura della lunghezza delle ossa con le analisi dello sviluppo dei denti – sostengono gli esperti – sarà possibile determinare con maggiore precisione l’età del bambino, al momento stabilita tra i 7 e gli 8 anni. Altre informazioni potranno riguardare eventuali malattie rilevabili, considerato che non tutte le patologie sono identificabili sulle ossa. Non sarà invece possibile in questa fase stabilire il sesso del piccolo, perché alcuni caratteri tipicamente maschili o femminili non son ancora definiti in età infantile. Questi risultati saranno possibili solo in un eventuale seconda fase di analisi sul Dna, qualora si presenti in un buono stato di conservazione.
Lo scheletro è stato trovato pressoché completo ad eccezione di una porzione del torace destro, della mandibola e di parte degli arti superiori e di arti inferiori e non appaiono lesioni dovute alle intercettazioni ottocentesche. “Le indagini sui resti della piccola vittima delle Terme centrali – dichiara il responsabile del laboratorio di Ricerche applicate, Alberta Martellone – saranno fondamentali per ricostruire la composizione e lo stato di salute degli abitanti di Pompei nel 79 d.C. I risultati che ne deriveranno potranno fornire un ulteriore contributo alla conoscenza della storia della città prima che l’evento eruttivo del 79 d.C. la cristallizzasse”.
“Normalmente i dati antropologici che arrivano dalla storia sono relativi a individui deceduti per morte naturale e ritrovate nelle sepolture delle necropoli. Nel caso unico di Pompei ci troviamo di fronte, invece, a resti umani di individui nel pieno della loro vitalità, morti a causa di calamità naturali, quali l’eruzione. Le analisi su tali resti consentono di aprire uno spaccato sulla popolazione vivente dell’epoca, che in nessun altra situazione sarebbe stato possibile.” Nella fase della scoperta, oltre agli esperti di antropologia, hanno contribuito allo studio del reperto anche esperti vulcanologi e geologi. L’obiettivo? Determinare le fasi stratigrafiche e le dinamiche di seppellimento. Le analisi del Dna saranno condotte a breve grazie alla collaborazione del dipartimento di Medicina molecolare e biotecnologie mediche dell’Università Federico II di Napoli