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Viminale chiude hotspot Lampedusa: migranti trasferiti

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Sarà chiuso per procedere a lavori di ristrutturazione il Centro di Primo soccorso e accoglienza di Lampedusa. La decisione arriva dopo l’incontro al Viminale tra il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’immigrazione, il direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Dipartimento di Pubblica Sicurezza ed il sindaco di Lampedusa.

“Nel corso del colloquio – si legge in una nota del ministero dell’Interno -, è stata analizzata la situazione del Centro di Lampedusa, anche alla luce del recente incendio doloso che ha reso inagibile una ulteriore sezione alloggiativa, già compromessa da analoghi precedenti episodi”.

“A conclusione dell’incontro – sottolinea la nota -, si è convenuto di procedere al progressivo e veloce svuotamento della struttura con chiusura temporanea della stessa, per consentire l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione, a partire da quelli già programmati, riguardanti la recinzione, i locali mensa e la videosorveglianza. In caso di emergenza saranno assicurate le esclusive operazioni di primissimo soccorso ed identificazione, in vista della conseguente distribuzione territoriale dei migranti”.

La Croce Rossa che partecipa alla gestione del Centro aveva più volte denunciato le cattive condizioni della struttura e i tempi eccessivi di permanenza delle persone accolte. “Il Centro di Lampedusa – scriveva proprio oggi in una nota la Cri di Roma – dovrebbe prevedere una permanenza effettiva di 24/48 ore mentre nella realtà i tempi vanno molto oltre fino a toccare picchi di molte settimane se non mesi. Questa situazione sta determinando gravi criticità nella gestione del Centro, che di per sé non è strutturato per un’accoglienza di lungo periodo, avendo come effetto anche conseguenze negative sul profilo qualitativo dell’accoglienza che cerchiamo in ogni modo di garantire”.

E assolutamente inadeguata era stata valutata la situazione qualche giorno fa, quando l’hotspot era stato visitato da una delegazione di avvocati, ricercatori e mediatori culturali della Coalizione italiana per le libertà e i diritti civili, dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI) e di IndieWatch. “La nostra delegazione ha potuto appurare come nell’hotspot non esista una mensa e il cibo, che gli ospiti devono consumare in stanza o all’aperto, sia di scarsissima qualità; i water alla turca e le docce sono senza porte ed i materassi sporchi e malmessi – scrivevano le organizzazioni -. Difficoltà esistono poi nel formalizzare le domande di protezione internazionale e ai richiedenti asilo non viene rilasciato alcun titolo di soggiorno, cosa che impedisce agli stessi di lasciare l’isola e li costringe a vivere nell’hotspot anche per diversi mesi. Tutto ciò avviene nonostante queste strutture fossero pensate per fotosegnalare i migranti entro pochissimo tempo dal loro arrivo”.

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