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Arabia Saudita, stop al divieto di guida per le donne: ma attiviste ancora in carcere

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Le donne saudite possono ufficialmente mettersi al volante. Domenica 24 giugno è stato revocato infatti il divieto di guida, in vigore da decenni in Arabia Saudita. Dalla mezzanotte le autiste hanno iniziato a circolare lungo le strade della capitale Ryad e in altre città del regno, fiere e orgogliose di aver fatto decadere almeno una delle molteplici discriminazioni a cui sono soggette.

“Questo è un evento storico per ogni cittadina saudita”, ha dichiarato al-Sabika Dosari, presentatrice tv, prima di attraversare il confine con il Bahrein a bordo di una berlina. “Mi sento libera come un uccello”, ha aggiunto all’Afp Samar Almogren, conduttrice televisiva alla guida della sua vettura nella notte di Ryad. Lo stesso principe saudita Al-Walid bin Talal ha postato un video su Twitter in cui si vede la figlia Reem alla guida di una 4×4, mentre i nipoti applaudono sul sedile posteriore. “E’ un grande risultato”, ha scritto ricordando che “ora le donne hanno la loro libertà”.

Annunciata a settembre 2017, la riforma è stata voluta dal principe ereditario Mohammed bin Salman all’interno di un più vasto piano per modernizzare il ricco paese del petrolio. Il divieto di guida era infatti diventato il simbolo dello status inferiore in cui vivono le donne saudite, condannato in tutto il mondo. “Questo è un passo importante ed essenziale per la mobilità delle donne”, ha spiegato Hana al-Khamri, autrice di un libro di prossima pubblicazione sulle donne nel giornalismo in Arabia Saudita, precisando che dare loro il volante “contribuirà a sfidare le norme sociali e di genere che ostacolano la mobilità, l’autonomia e l’indipendenza”. Per molte donne, saudite o espatriate, che vivono in un sistema patriarcale, il poter guidare rappresenta un rinnovato senso di giustizia, dopo decenni in cui il divieto a un diritto fondamentale le rendeva totalmente dipendenti dagli uomini di famiglia o da autisti privati.

Per decenni, i conservatori hanno utilizzato la più rigida interpretazione dell’islam per giustificare il divieto di guida, alcuni usando come scusa il fatto che le donne non fossero abbastanza intelligenti. Domenica, il Comitato degli Ulema anziani, il più alto organo religioso del paese, ha ribadito su Twitter il proprio sostegno alla guida per il sesso femminile, assicurando che questa decisione è conforme ai precetti islamici.

Il regno ha iniziato il mese scorso a distribuire le patenti e sono nate le prime scuole guida ‘al femminile’: si calcola che entro il 2020 circa 3 milioni di donne potranno iniziare a guidare. Da giorni molte donne hanno iniziato a scrivere sui social i loro progetti una volta al volante: c’è chi voleva accompagnare la madre a bere un caffè o a mangiare un gelato, un momento banale che però era eccezionale nel regno fino a oggi.

Sul piano economico, hanno spiegato gli esperti, i benefici possono essere vantaggiosi. La revoca del divieto dovrebbe rilanciare l’occupazione delle donne e, secondo una stima di Bloomberg, aggiungere 90 miliardi di dollari all’economia da qui fino al 2030.

Molte donne continuano comunque ad avere paura di restare l’obiettivo dei conservatori in un paese in cui gli uomini mantengono lo status di ‘tutori’. In effetti le saudite devono uscire velate e sono soggette a severe limitazioni: non possono né viaggiare, né studiare né lavorare senza il permesso del marito o di un parente maschio né possono mangiare da sole in un ristorante.

Il governo ha recentemente preso provvedimenti contro le violenze da parte del sesso maschile punendo le molestie sessuali con cinque anni di reclusione e una multa di 300.000 rial (69mila euro). Ma l’entusiasmo creato dall’annuncio delle riforme è macchiato da un giro di vite sulle donne attiviste che si sono a lungo opposte al divieto di guidare. Secondo le autorità, su 17 recentemente arrestate, nove sono ancora in carcere con l’accusa di minare la sicurezza del regno e di aiutare i ‘nemici’ dello stato saudita
 

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