Come tutte le persone che amano il calcio e che sono innamorate del Brasile non solo per la sua realtà calcistica ma anche per il suo peso specifico sotto l’aspetto umano, sono ancora sotto shock. La sconfitta per 7-1 contro la Germania è uno dei quei pesi che difficilmente riuscirò a dimenticare in tempi brevi. E nei momenti peggiori è facile scagliarsi contro gli obiettivi più sensibili. Ieri, per tutta la giornata, la stampa brasiliana ha azzannato alla gola Felipe Scolari: il grande colpevole della “derrota” anzi “do fracasso” contro la Germania. Dico quello che ho già avuto modo di dire molto spesso agli amici che seguono in streaming B-Lab. Non mi aspettavo un 7-1 dalla Germania che nasce da sei minuti di follia collettiva di un Brasile completamente fuori di sé sul campo e nella testa: ma questa squadra se fosse arrivata alla vittoria del Mondiale sarebbe stata miracolata.
È un Brasile ben al di sotto della media cui siamo abituati, persino scarso. Con tanti doppioni, giocatori di media levatura, pochissimi autentici fuoriclasse: e non è che a casa sia rimasto di meglio. Sì, con un po’ più di coraggio si poteva puntare su qualche altro giovane: Lucas Moura, Lucas Leiva o Alan Kardec per esempio, o su personalità forti come quella di Wagner Love. Molti dicono che il Brasile avrebbe dovuto puntare sui giovani: dimenticando forse che all’ultimo Mondiale U20 il Brasile non c’era… e a rappresentare il Sudamerica c’erano invece Cile, Colombia, Uruguay e Paraguay. E che le squadre che sono andate più avanti, guarda caso, sono state proprio quelle che hanno fatto giocare i suoi giovani di quel mondiale: Cile e Colombia.
Ma le scelte sono scelte. E quelle di Scolari sono state scelte all’insegna del buon senso anche se Fred con quella maglia numero 9 che ti fa pensare a Romario, Careca e Ronaldo non si può proprio vedere. Però è quello che il Brasile ha espresso in questi ultimi anni. Scolari si è trovato in mano una squadra scarsa e ha cercato di calmare il pubblico, allenare la stampa e salvare il salvabile.
Il Portogallo non ha un attaccante come si deve da anni e affida tutto a Ronaldo; la Germania non ha un numero nove vero perché Muller spesso gioca in appoggio. Ma quando i tedeschi hanno bisogno di un attaccante vero rispolverano il vecchio Klose: con i risultati che abbiamo visto. Klose, fino a qualche mese fa, il Mondiale non doveva nemmeno giocarlo. Ma alla fine gli attaccanti servono se vuoi fare gol. Altro che finto nueve: abbiamo visto la Spagna con il finto nueve dov’è finita.
Il segnale di questo Mondiale, forse, è che possiamo lasciarci alle spalle il tiki taka e provare a giocare, ad attaccare, anche a correre qualche rischio e commettere errori. Perché il calcio è fatto di queste cose: di errori che si commettono e si sfruttano, di equilibri che vanno rotti. Io, personalmente, in tutta onestà, del delizioso e raffinato possesso palla fine a se stesso ne ho le scatole piene da anni. E mi auguro che in questo Mondiale dove si sono già segnati 167 gol, quattro in meno del 1998 che potrebbe essere superato con le prossime due finali e ben 22 in più del Sudafrica, sia il segnale di un cambiamento vero verso un calcio più giocato e meno gestito.