E così anche abbiamo imparato la lezione: sperando che serva. Ormai è da un pezzo che in un Mondiale le squadre materasso non esistono e nulla si può dare per scontato: basta un tecnico colombiano poco conosciuto come Pinto che ha studiato a Coverciano e si è abbeverato al credo di Lippi e di Sacchi e che con undici giocatori fisicamente in buona condizione, che lavorano insieme da diverse settimane, si rischia una figuraccia. Perché l’Italia ha davvero giocato in modo inguardabile: per propri limiti, qualche errore in fase di impostazione, sicuramente anche per il caldo delle 13 di Recife (avevano caldo anche i Ticos) e molta improvvisazione. Il resto è storia: l’Italiaha fatto poco e male senza nulla di davvero concreto. E la squadra che era stata costruita per mettere in difficoltà il centrocampo inglese si è ritrovata schiantata davanti al mirato dinamismo del Costa Rico.
Si fa presto a dire che le lezioni sono salutari e che in fondo il secondo posto è ancora alla portata della squadra che con l’Uruguay può puntare su due risultati. Andremo a giocare con una squadra galvanizzata e in ottima condizione. L’inerzia è tutta dalla loro parte: e per arrivare primi dobbiamo sperare di vincere 2-0 e che il Costa Rica perda. Arrivare secondi vuol dire rischiare l’osso del collo fin dagli ottavi. Ma perché dobbiamo sempre ridurci a questo e correre rischi inutili? Il Costa Rica ci ha colto completamente di sorpresa: onore a loro e oneri a noi. Perché a quanto pare le lezioni non ci bastano mai.