Se nelle ultime quattro edizioni del Mondiale la squadra campione è andata a casa immediatamente dopo il primo turno, un motivo ci sarà: era successo alla Francia nel 2002, all’Italia in Sud Africa e ora anche alla Spagna. Lo stress, l’appagamento, la fatica fisica e mentale dei campionati nei quali i giocatori delle Furie Rosse sono stati coinvolti fino a poco tempo fa. I motivi possono essere molti: oltre al fatto sicuramente di non avere una punta davvero competitiva e che Diego Costa, per altro provvidenzialmente naturalizzato, non fosse nelle sue migliori condizioni. Ma la Spagna vista in questo mondiale era davvero l’ombra della squadra vista all’ultimo Mondiale, all’ultimo europeo e anche nelle recenti qualificazione a questa fase finale di Brasile 2014.
Una Spagna lenta, impacciata, mai incisiva in avanti, svagata in difesa e a tratti davvero in grande affanno mentale. La sconfitta contro il Cile, meno pesante sotto un aspetto puramente aritmetico, conferma tutti gli errori visti contro l’Olanda e costati ancora più cari.
I cicli si aprono e sono belli finché durano e fino a quando non si chiudono per quanto amaramente e pesantemente. Non so se la sconfitta spagnola contro il Cile sia la fine del tiki-taka e dello sterile possesso palla in attesa di una sua funzionalità offensiva, spesso episodica. Magari che lo dimostrerà Guardiola che sta proseguendo il lavoro con differenti uomini e presupposti al Bayern. Ma di sicuro la prima notizia che ci offre il Brasile è che la finalista sconfitta in Sud Africa, l’Olanda, ha cambiato abbastanza da ripresentarsi in condizioni eccellenti a questo Mondiale e andrà avanti. La Spagna no…