Per vedere trentaquattro gol in 10 partite bisogna andare indietro fino al Mondiale del 1958: se ne cercate 37 in 11 dopo la vittoria dell’Argentina sulla Bosnia per 2-1 vi posso anticipare che è inutile. In una finale finale di Mondiale non si è mai segnato così tanto: una bella inversione di tendenza se consideriamo che in Sudafrica si era segnato pochissimo e tutte le partite, anche quelle che sulla carta erano considerate tra le più spettacolari, erano state all’insegna dell’Under.
Fino a oggi solo Messico-Camerun è stata da under e Camerun e Honduras sono le uniche due squadre che non hanno trovato la rete avversaria. Merito certamente di linee offensive aggressive ma anche di una certa svagatezza difensiva che ha caratterizzato parecchie squadre e molte partite. Tanti gli errori: arbitrali, certo. Ma anche dei giocatori delle linee arretrate. Persino da professionisti consumati come Casillas.
Ieri l’attesissima partita dell’Argentina ha offerto uno spettacolo globalmente opaco: belli gli ultimi venti minuti con due allenatori che hanno preferito giocare in controllo piuttosto che all’attacco. Me l’aspettavo da Sabella che tiene Higuain e Lavezzi in panchina per giocare con Campagnaro a sostegno del centrocampo e Messi unica punta, ma non da Susic che speravo confermasse la squadra scriteriata che tanto mi era piaciuta durante le qualificazioni al Mondiale. Quando Ibisevic entra è tardi, e la squadra sbilanciata riapre la partita ma rischia il tracollo. Argentina come il Brasile insomma. Forte, fortissima sulla carta: ma sul campo tutta questa superiorità è ancora da dimostrare.