Probabilmente sarò anche l’unico a pensarla così: e se così non è mi piacerebbe saperlo. Ma a me questa formula di Coppa Italia fa proprio schifo. Scusate, sono molto diretto, e probabilmente l’opinione di un giornalista (diciamo editor, suona meglio) specializzato in quote e scommesse non interessa o serve a nessuno. Ma la Coppa giocata così, a spizzichi e bocconi, quando capita, con una formula che vede le migliori squadre di Serie A entrare in gioco solo quando iniziano gli ottavi di finale, in casa e con tutte le comodità per giocare quasi sempre con la seconda squadra, la trovo offensiva sia nei confronti dei tifosi che degli scommettitori. E anche di quella minima parte di persone che fa il mio mestiere.
Da anni si parla di una riforma della Coppa Italia. Sarebbe anche bello che si concretizzasse una volta per tutte: l’Inghilterra insegna. E loro di Coppe Nazionali ne hanno addirittura due, una più appassionante dell’altra. Ma anche la Germania, la Francia, la Spagna, persino l’Olanda. Tutti contro tutti, sorteggione aperto come nella Coppa Uefa anni ’70: e rischi di perdere dalla squadra di C1 anche se hai vinto lo scudetto.
Questa formula è troppo protezionistica nei confronti dei poteri forti e di nessun interesse; d’altronde se le tv non la vogliono e pochissimi vanno a vederla allo stadio un motivo ci sarà. Ma alla fine siamo sempre lì: di che cosa stiamo discutendo? Di qualcosa che dovrebbe essere cambiato da chi non ha alcuna intenzione di cambiare perché in fondo gestisce se stesso.
Un amico mi ha regalato un meraviglioso paradosso: la Lega Calcio è un condominio litigioso dove nessuno vuole un amministratore esterno e chi ha l’attico decide mentre chi vive al piano terra si prende le briciole che cadono dalle tovaglie di chi le pulisce ai piani alti dalla finestra. Quoto, e condivido.
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