“Dopo quasi 6 anni oggi si è chiuso un cerchio e la magistratura ha fatto il suo corso. Carolina non me la restituirà mai nessuno ma spero che i ragazzi che l’hanno perseguitata abbiano capito di aver commesso dei reati gravi e non solo delle ragazzate e che lo dimostrino anche in futuro”. Nonostante controllata la voce controllata, emerge tutta l’emozione di Paolo Picchio, papà di Carolina, la studentessa 14enne del liceo scientifico che il 5 dicembre del 2013 a Novara si è tolta la vita aprendo la finestra della sua camera e lasciandosi scivolare nel vuoto. Da due mesi si internet circolava un filmato che la ritraeva in compagnia di alcuni ragazzi che mimavano atti sessuali. Era stato girato a una festa dove Carolina era stata invitata e poi stordita con alcol e droga dai presenti. Il video, una volta in rete, era diventato virale e Carolina era diventata bersaglio di insulti e offese anche da parte di persone che non conosceva. Una vergogna troppo grande, a cui non ha retto.
Sulla morte di Carolina, si è aperto un procedimento penale. I responsabili erano tutti minorenni tranne uno (che ha patteggiato una condanna a un anno e 6 mesi per stalking) e a tutti è stata concessa la cosiddetta messa alla prova: hanno seguito un programma personalizzato di recupero, con periodi di volontariato con ragazzi disabili e costanti incontri con gli psicologi. Adesso il Tribunale per i Minorenni di Torino ha dichiarato che il percorso ha avuto esito positivo e che tutti e 5 i ragazzi (con tempi diversi) hanno superato le prove. Dei reati di violenza sessuale di gruppo, alla produzione e diffusione di materiale pedopornografico, allo stalking, alla morte in conseguenza di altro reato, contestati a vario titolo non ci sarà traccia nelle loro fedine penali.
“In tutti questi anni non ho avuto nessun contatto con quei ragazzi, ma eravamo su sponde diverse. Nemmeno i loro genitori, però,si sono fatti avanti per chiedere scusa”, ha aggiunto Paolo Picchio con un filo di rammarico. “Carolina non me la restituirà mai nessuno – ha proseguito – ma è stato grazie a Carolina che c’è stato il primo processo per cyberbullismo in Italia e grazie a mia figlia in Italia c’è la prima legge a livello europeo su questo tema”. Prima di morire, Carolina ha scritto una lettera e, rivolgendosi ai bulli, ha scritto: “le parole fanno più male che le botte”. “Quelle parole – spiega ancora il papà Paolo – sono state prese come motto da Papa Francesco e Fondazione Carolina, nata dopo la morte di mia figlia per contrastare il cyberbullismo, è diventata partner della Fondazione vaticana su questa emergenza”.
Fondazione Carolina aiuta sia le vittime, attraverso attività artistiche, la musica, ma anche il krav maga, l’arte marziale messa a punto dall’esercito israeliano, ma anche i bulli. “Il cyberbullismo possiamo prevenirlo e combatterlo nella misura in cui realizzeremo percorsi di educazione al rispetto coinvolgendo i ragazzi e gli adulti”, spiega Ivano Zoppi, direttore generale delle Fondazione Carolina. “Ad oggi, ad un anno dalla nascita della Fondazione a lei dedicata, il messaggio di Caro ha raggiunto oltre 20.000 ragazzi, 5.000 genitori, 1.200 docenti referenti per il Cyberbullismo, oltre 1.500 fra docenti, personale ATA, allenatori, educatori, personale del mondo sanitario. Nel prossimo anno – conclude – Fondazione pubblicherà un bando dedicato alle scuole per il finanziamento di progetti per la prevenzione del cyberbullismo e continuerà il lavoro per la creazione dell’Osservatorio Internazionale Cyberbullismo voluto da Papa Francesco“.