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Caso Fadil, la Procura chiede l’archiviazione per omicidio volontario

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La Procura di Milano, che indagava per omicidio volontario sulla morte di Imane Fadil, deceduta l’1 marzo scorso alla clinica Humanitas, ha chiesto l’archiviazione del fascicolo. Il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e i pm Luca Gaglio e Antonia Pavan hanno precisato che “la cartella medica di Imane Fadil mostra che le terapie praticate alla paziente alla clinica Humanitas sono state puntuali” e che nei confronti della paziente “c’è stata assoluta attenzione” da parte dei medici della clinica di Rozzano. “La diagnosi certa dell’aplasia midollare è arrivata il 25 di febbraio e Imane Fadil è morta cinque giorni dopo, quindi per la paziente non c’era praticamente più nulla da fare”, ha precisato Siciliano, che ha aggiunto: “Non siamo in grado di dare nessuna dimostrazione con un minimo di rigore scientifico sul fatto che vi siano stati degli elementi esogeni a causare la morte di Imane Fadil”.

Dopo i primi accertamenti su un campione di urine di Imane Fadil, morta l’1 marzo alla clinica Humanitas di Rozzano, era stato “individuato un movimento positivo relativo alle onde alfa con una frequenza radioattiva vicina a quella del polonio“, ha affermato il procuratore aggiunto illustrando tutte del fasi dell’indagine della procura di Milano avviata dopo la morte della modella 31enne, teste chiave dei processi del Rubygate. Il risultato dell’esame, a quanto hanno sottolineato i pm, era compatibile con un’esposizione a “radiazioni”. Esami successivi, però, hanno escluso una qualsiasi “traccia di radioattività”. Ulteriori accertamenti disposti dalla procura, poi, hanno mostrato come negli organi e nel sangue della ragazza ci fosse “in quantitativi elevati la piridina, una sostanza tossica contenuta in un antibiotico che le era stato somministrato”.

La ragazza però temeva di essere stata avvelenata.”Questa mattina è venuto un medico e mi ha detto che crede che mi abbiano avvelenata”, ha detto la modella 31enne di origine tunisina morta il 31 marzo, in una telefonata del 12 febbraio al suo avvocato dell’epoca, Paolo Sevesi. “Lo sapevo che qualcuno voleva farmi del male, anche se non ti ho detto nulla perché non volevo sembrare troppo allarmista”, aggiunge la ragazza con il legale. La registrazione è stata depositata dal Legale in Procura il giorno dopo la morte della 31enne. Il procuratore di Milano Francesco Greco l’ha fatta ascoltare ai media nel corso di una conferenza stampa sugli esiti dell’autopsia della giovane, ricordando che nel sangue della ragazza c’erano anche tracce anomale di metalli pesanti e un esame aveva rilevato tracce di radioattività.

“Leggeremo le conclusioni con i nostri consulenti, rilevo però che già da queste conclusioni emerge che le scelte terapeutiche non sono state consone con la diagnosi fatta”, ha detto l’avocato Mirko Mazzali, che assiste i familiari di Imane Fadil. “Questo è un elemento di valutazione rispetto a eventuali responsabilità di tipo medico che sono state escluse comunque dalla consulenza, ma questo è un inizio di un ragionamento che possiamo fare. Le scelte terapeutiche, lo dicono gli stessi consulenti, non sono state azzeccate in qualche misura e quindi questo ci lascia possibilità di valutare le mosse future”, ha aggiunto. La strada, per l’avvocato Mazzali, “non è quella di un avvelenamento ma di eventuali responsabilità di chi l’ha avuta in cura”.
 

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