Pochi, sempre più inoccupati e, almeno in questo in linea con l’Europa, sono una minoranza della popolazione. Il rapporto del Censis, che fotografa l’Italia, ritaglia per i giovani in lungo capitolo. Un dato su tutto: tra il 2007 e il 2017 gli occupati di età compresa tra i 25 e i 34 anni è calata del 27,3%, un milione e mezzo di giovani lavoratori in meno. Non va meglio per i più istruiti: nel 2017 i 249 giovani laureati occupati ogni 100 lavoratori anziani del 2007 sono diventati appena 143.
A rendere ancora più critica la situazione è la presenza di giovani in condizione di sottoccupazione, che nel 2017 ha caratterizzato il lavoro di 237.000 persone di 15-34 anni: un valore raddoppiato nell’arco di soli sei anni. Così come è aumentato sensibilmente il numero di giovani costretti a lavorare part time pur non avendolo scelto: 650.000 nel 2017, ovvero 150.000 in più rispetto al 2011. L’arretratezza culturale in cui l’Italia sta sprofondando è dimostrata anche dal fatto che lo Stato non sta più investendo sull’istruzione: il nostro Paese, infatti, investe solo il 3,9% del Pil negli istituti scolastici e di formazione, mentre la media europea è del 4,7%. Dietro di noi ci sono solo Romania, Bulgaria e Irlanda. Diminuiscono anche i laureati: quelli tra i 30 e i 34 anni sono il 26,9% contro la media europea del 39,9%.
Di fronte alla precarietà del lavoro e all’assenza di garanzie di un futuro migliore dopo gli studi, oggi molti giovani hanno spostato i propri obiettivi su altri orizzonti, come ad esempio il mondo dei social: il 53,3% dei giovani tra i 18 e i 34 anni è convinto che oggi chiunque possa diventare famoso e che popolarità sui social sia un fattore fondamentale per riuscire a sfondare, come se si trattasse di talento o di competenze acquisite con lo studio.