Ripartire insieme. Giuseppe Conte insiste sulla necessità di ingranare nuovamente la marcia, dopo aver “spento i motori” per l’emergenza Covid. Il premier è consapevole che il terreno perso è tanto. Bisognerà ripartire da molto lontano. “Con l’arrivo di questa crisi il Pil tornerà ai livelli del 2000, abbiamo quindi il dovere tutti insieme di uno sforzo corale, per recuperare tutti insieme il ventennio perduto”, mette in chiaro.
Per l’inquilino di palazzo Chigi “non siamo ancora in grado di conoscere fino in fondo la portata” dei danni causati dall’emergenza economica. Ecco perché è necessario serrare le fila. La task force guidata da Vittorio Colao ha praticamente ultimato il draft sulla ripartenza e forse già domani, ma comunque entro il fine settimana, il documento dovrebbe essere consegnarlo a Conte. Per il Governo sarà un punto di partenza. “Nei prossimi giorni completeremo un lavoro che abbiamo già iniziato con il comitato guidato da Vittorio Colao – spiega il premier – Avremo gli stati generali dell’economia con tutte le forze economiche e sociali del Paese per poter condividere con tutti questo nostro Recovery plan”. Infrastrutture, accelerazione sui tempi della giustizia (temi sui quali il premier ‘chiama’ le opposizioni), riforma del fisco restano le priorità. A Villa Pamphili sono già stati effettuati i primi sopralluoghi e il il calendario degli incontri è in fase di definizione ma è difficile che il confronto possa partire già da lunedì.
Conte ha dalla sua il Pd, anche se Nicola Zingaretti insiste nel chiedere una “fase nuova, di ascolto”. “Nulla sarà più come prima – avverte il segretario dem – C’è bisogna di una concordia nazionale, che non sono inciuci di palazzo, per capire dove voler portare l’Italia e offrire un nuovo modello di sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale”. Discutere in Parlamento sarà importante, assicurano i Dem, altrimenti il rischio è quello di perderne il controllo in una fase che si annuncia complicata. Armonia istituzionale, quindi. Anche se non di Governo. Anche Matteo Renzi si dice della partita: “La mossa del cavallo che propongo non è un cambio di Governo, non lo vedo all’orizzonte. Noi condividiamo l’impianto del presidente del Consiglio al 95%”, concentrando i distinguo soprattutto sul dossier autostrade e sul capitolo giustizia. “L’aspettativa di vita del Governo è la più lunga possibile – insiste – voteremo nel 2023”. A restare in fibrillazione, invece, è il M5S. La sospensione decisa dai probiviri per gli eurodeputati Ignazio Corrao, Piernicola Pedicini e Rosa D’Amato per il voto contrario sul Mes è solo l’ultima crepa. E se Barbara Lezzi lancia l’accusa ai vertici di “voler isolare Di Battista”, diversi all’interno del Movimento si interrogano su come verranno prese le prossime decisioni: dal Mes, ad autostrade, passando per il Ponte sullo Stretto.
Le opposizioni restano sulle barricate: “Se il governo vuole davvero collaborare per il bene dell’Italia, accetti il confronto con la Lega sulle nostre proposte di ‘burocrazia zero’ sul Modello Genova e sulla Flat Tax per famiglie e imprese. Altrimenti saranno solo parole”, insiste Matteo Salvini, che si auspica che non venga messa la fiducia sul decreto Rilancio, sul quale però alla Camera pesano circa 10 mila emendamenti. “Voglio dire al presidente Conte che dice ‘disegniamo l’Italia che vogliamo’, che l’Italia che vogliamo noi è un’Italia nella quale si voti – la richiesta secca di Giorgia Meloni – “Fuori dall’emergenza sanitaria non ci siano i margini per andare avanti in condizioni tragiche”.