Se a Catania piove sulla nave Diciotti, a Bruxelles va anche peggio: la fumata è nera. La riunione sui migranti voluta dalla Commissione Ue non trova un’intesa comune. I 12 Paesi invitati non hanno firmato la bozza di comunicato che era stata preparata. Peraltro, la Commissione non aveva chiesto la partecipazione del blocco dell’Est, ben sapendo che da quelle capitali non sarebbe arrivato alcun aiuto.
Matteo Salvini, assieme all’altro vicepremier Luigi Di Maio, chiedeva un gesto di solidarietà dall’incontro, anche se gli stessi funzionari della Commissione sottolineavano come la riunione non avesse come oggetto principale la questione Diciotti, bensì una discussione più generale sul problema migratorio. Ora, comunque, il leader leghista punta i piedi: in mancanza di un segnale dall’Ue, non ci sarà nemmeno lo sbarco dei migranti a bordo della Diciotti.
Il premier Giuseppe Conte, da parte sua, scrive che “l’Europa ha perso una buona occasione”, perché “non è riuscita a battere un colpo in direzione dei princìpi di solidarietà e di responsabilità che pure vengono costantemente declamati quali valori fondamentali dell’ordinamento europeo”. L’inquilino di Palazzo Chigi spiega che, durante la riunione convocata dalla Commissione europea, alcuni dei 12 Stati invitati si erano resi disponibili a partecipare alla redistribuzione dei soli aventi diritto all’asilo. Ma questi, sottolinea Conte, “notoriamente sono una percentuale minima dei migranti che arrivano per mare”.
Non è chiaro cosa accadrà adesso. Il presidente del Consiglio si limita a misurare “la discrasia tra parole e fatti, che trascolora iprocisia”, e dichiara che “l’Italia ne trarrà le conseguenze e, d’ora in poi, si farà carico di eliminare questa discrasia”. Salvini, vicepremier e ministro degli Interni, sta valutando la possibilità di fare le procedure di identificazione prima ancora che le persone sbarchino, per distinguere chi può chiedere l’asilo e chi invece dovrebbe tornare indietro.
L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, minaccia di tagliare i fondi versati da Roma all’Ue, sottolineando che Bruxelles riceve 20 miliardi annui dall’Italia, anche se ovviamente molti di questi rientrano sotto forma di fondi Ue legati a determinati progetti. La mossa di Di Maio viene immediatamente rigettata da Bruxelles (“le minacce non servono a niente e non portano da nessuna parte”, dice un portavoce della Commissione, pur precisando di parlare “in linea generale”), e viene sfumata da un collega di governo, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. “Pagare i contributi all’Unione europea è un dovere legale dei membri”, sottolinea Moavero, precisando che sulla questione ci sarà un confronto con i partner nell’ambito della ridiscussione del bilancio comune.
Lo stesso Moavero ha incontrato il ministro degli Esteri dell’Ungheria. E, tra le altre cose, gli ha chiesto di prendersi carico di una parte dei 150 migranti sulla nave Diciotti. La risposta è stata negativa. E però, nonostante questa indisponibilità, l’esecutivo ungherese guidato da Viktor Orbàn potrebbe rivelarsi un alleato importante del ‘governo del cambiamento’, per introdurre a livello europeo la linea dura sostenuta in questi giorni da Di Maio e Salvini. Quest’ultimo, martedì della settimana prossima, incontrerà proprio il leader magiaro, nella sua Milano.