“Mi hanno rotto un mappamondo di inizio Novecento da 4-5 mila euro e non si capisce nemmeno di chi sia la colpa”. E’ dura la vita degli ex parlamentari, che a poche ore dall’inizio della nuova legislatura sono stati costretti a liberare scrivanie, cassetti, armadi e le caselle dove veniva smistata la posta personale, e qualcuno ha avuto anche qualche brutta sorpresa. Come Massimo Palmizio, ormai ex deputato e coordinatore dell’Emilia Romagna di Forza Italia, che da Roma aveva spedito due scatoloni di ricordi e documenti di tre legislature, ma una volta arrivati nella sua casa di Bologna li ha trovati aperti e con l’antico cimelio ormai buono solo per la pattumiera, con tanti saluti al valore storico ed economico. “Ora devo fare il giro dei vari uffici della Camera, perché la spedizione era assicurata solo per 1 euro al chilo – ha raccontato l’esponente azzurro -, ma soprattutto non si capisce di chi sia la responsabilità, del corriere o di ha organizzato la spedizione. Lasciam perdere, va…”.
Come se non bastasse, i deputati non rieletti o che non hanno trovato posto nelle liste, oltre al danno hanno avuto anche la beffa di trovare la loro corrispondenza inevasa già impacchettata nei bustoni bianchi marchiati Camera, perché la sala della posta è ancora occupata dagli operai impegnati nei lavori di ristrutturazione del palazzo di Montecitorio e i commessi hanno già smontato targhette e ripiani personali. Una volta messe in valigia le ultime carte, per gli ex onorevoli è arrivato il momento dei saluti. Del Partito democratico la pattuglia più numerosa: in Transatlantico baci e abbracci, ad esempio, per Sebastiano Barbanti, Laura Coccia e Gianni Cuperlo. Clima da ultimo giorno anche per la truppa di fuoriusciti Cinquestelle transitati in Alternativa libera, come Mara Mucci (oggi nelle file dei Radicali) e Massimo Artini, il deputato espulso da Grillo nel 2014, balzato agli onori delle cronache per la solidarietà ricevuta da un illustre vecchio compagno di scuola, Matteo Renzi, all’epoca ancora presidente del Consiglio. Si sono concessi un ultimo selfie in Transatlantico, ma stavolta nemmeno i commessi hanno avuto cuore di impedirglielo, come imporrebbe invece il regolamento.
Tra tanti musi lunghi, oggi alla Camera ce n’è stato anche uno sorridente, però. Anzi, raggiante. Quello di Alessandro Di Battista, che ha deciso di non ricandidarsi per un secondo mandato, scegliendo di viaggiare con la sua famiglia, il piccolo Andrea di sei mesi e la compagna Sahra. Alla buvette di Montecitorio si sono presentati tutti e tre, passeggino annesso, e mentre aspettavano che dalle cucine scaldassero il brodo per il piccolo, ha rivelato di aver già bloccato i biglietti: “Per ora è solo andata, direzione San Francisco, poi scenderemo giù fino al Messico”. La partenza è prevista per giugno. Il “Dibba”, così lo chiamano quasi tutti, mentre mostrava i primi due dentini spuntati al figlio, ha approfittato della sua visita a Montecitorio anche per salutare qualche nuovo deputato. Chissà, magari tra di loro c’è qualche suo ‘erede’.
Una volta pronta la pappa, Di Battista e famiglia si sono allontanati verso le sale del gruppo, dove finalmente il giovanissimo Andrea ha consumato il suo agognato pasto, mentre il papà ritirava appunti e ricordi degli ultimi 5 anni. Per lui e tutti gli altri parlamentari uscenti, comunque, l’accesso a Camera e Senato sarà sempre consentito: è la regola. Basta ritirare l’apposito tesserino, da ‘ex’, in distribuzione proprio mentre una rampa di scale più su si stanno svolgendo le operazioni di registrazione dei nuovi deputati. Ironia della sorte.