La settimana “della distanza”, come da copione, si chiude con abbracci, baci e calorose strette di mano a beneficio dei fotografi, con alle spalle il museo ferroviario di Pietrarsa e sullo sfondo il golfo di Napoli. Matteo Renzi accoglie Paolo Gentiloni alla conferenza programmatica Pd e, per sottolineare ulteriormente la ‘pace’ fatta, lo porta all’interno del suo ‘quartier generale’ del treno dem, fermo alla stazione di Portici.
“Gli diamo il benvenuto con gioia. Siete tutti concentrati sul fatto che che c’è stato qualche elemento di diversa visione, ma gli diamo il bennvenuto in questa che in realtà è casa sua”, sottolinea il segretario. Gentiloni, in effetti, sembra sentirsi a casa. Nessun convenevole da ospite, dal palco, quindi. Pur non abbandonando mai il suo stile diplomatico il premier interviene con nettezza sui temi in agenda e non tralascia passaggi ‘scomodi’. “Noi del Pd abbiamo sulle spalle la responsabilità del Governo e anche, credo, il fatto di essere l’unico perno possibile di un Governo di domani”. “Ci sono già troppi agitatori della paura”. Tra noi e il Pd, quindi – è la sottolineatura – “spalle larghe, poche chiacchiere, gioco di squadra, discussione aperta delle nostre idee e soprattutto unità”.
Le richieste del premier a Renzi, che lo ascolta attento dalla prima fila, non sono finite qui. Chi si prepara ad affrontare un appuntamento decisivo come quello delle elezioni “deve correre per vincere e governare – è la linea – perché il Pd è il messaggio di una sinistra di Governo, che penso non possa essere considerata una specie in via di estinzione in Europa”. Ecco perché Gentiloni chiede al segretario Pd di prendere una rotta chiara: “Proprio adesso, caro Matteo, con la tua leadership – scandisce – dobbiamo darci l’assetto migliore per vincere. Un assetto largo, aperto al centro e a sinistra. Un assetto il più largo possibile per vincere. Questo Pd può vincere”.
Il capo del Governo ricorda in diversi passaggi quanto fatto dal suo predecessore: dal Jobs act (“ripreso da Macron, per la prima volta esportiamo leggi”, sottolinea) agli 80 euro, dai risultati ottenuti in campo economico al percorso di riforma avviato. Chiede, però, che non ci siano altre fughe in avanti: “Spesso io parlo di una conclusione ordinata della legislatura, non è soltanto un’esigenza del Governo, ma un segnale che dobbiamo dare a questa Italia che rialza la testa. Ed è un impegno che dobbiamo prendere qui. Sono certo che il Pd non consentirà di dissipare il lavoro fatto fin qui”, sottolinea. Anche sul programma Gentiloni parla chiaro: “Caro Matteo”, è l’invito, su ambiente, Sud e lotta alle disuguaglianze “abbiamo fatto molto, ma non abbastanza, dobbiamo fare di più”.
E anche per quel che riguarda la partita europea è netto: “Noi siamo per l’Europa e faremo una campagna per l’Ue e non contro”. A Gentiloni plaude chi, dentro il Pd, da sempre si batte su questo fronte. “Sull’esigenza di ricostruire il centrosinistra ho condotto la mia battaglia congressuale. Che oggi lo dica Gentiloni non può che lasciarmi contento. Non mi interessa il copyright ma il risultato: costruire un centrosinistra competitivo – commenta Andrea Orlando – Il Pd da solo rischia solo di perdere”.