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Gentiloni accetta l’incarico con riserva. Subito al lavoro su squadra di governo

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Paolo Gentiloni, come da prassi, accetta con riserva l’incarico  ricevuto da Sergio Mattarella di formare un nuovo Governo. Dopo un colloquio di circa mezzora nella sala delle del Quirinale, il premier incaricato si dice “consapevole dell’urgenza” di dare all’Italia un governo “nella pienezza dei poteri”. Già oggi potrebbe tornare quindi al Colle e presentare al presidente della Repubblica la lista dei ministri.
Inevitabile registrare “l’indisponibilità” delle maggiori forze di opposizione a condividere un orizzonte di responsabilità. Il suo esecutivo, quindi, si muoverà – sia pur “non per scelta”- nel quadro del governo e della maggioranza uscente.

Il ministro degli Esteri del Governo uscente si mette subito a lavoro, quindi, per definire composizione e programma della nuova squadra, partendo dal quadro “ampio e articolato” delle consultazioni svolte dal Capo dello Stato, senza però sentire in prima persona i rappresentanti dei gruppi parlamentari. Dopo i passaggi obbligati dai presidenti di Camera e Senato, infatti, Gentiloni dà il via a un rapido giro di colloqui, nella sala del cavaliere di Montecitorio. Gli incontri con i partiti minori non cambiano nella sostanza il perimetro della futura maggioranza, ma compongono l’agenda del nuovo presidente del Consiglio. Lui assicura “massimo impegno e determinazione” nell’affrontare le priorità “internazionali, economiche, sociali”, a iniziare, è la sottolineatura, “dalla ricostruzione delle zone colpite dal terremoto”.

Sul tavolo, quindi, anche il dossier banche, con la crisi di Mps, certo, ma anche la ‘questione sociale’. Non solo legge elettorale, insomma, anche se il premier incaricato sottolinea di volerne “accompagnare e se possibile facilitare il percorso delle forze parlamentari”. Le parole scelte per parlare agli italiani dal Quirinale non appaiono casuali, quasi a voler chiarire sin da subito che il dibattito sulla legge elettorale sarà in qualche modo lasciato al Parlamento, evitando – come accaduto per l’Italicum, approvato con la fiducia – che il Governo si inserisca in prima persona in una materia che la Costituzione inserisce tra le competenza di Camera e Senato. Questo, viene spiegato, potrebbe aiutare a “svelenire il clima” che si è creato intorno alle regole del gioco. Nessuna melina, però: da una posizione “di maggiore neutralità” rispetto al passato, il nuovo inquilino di palazzo Chigi, viene spiegato, non eviterà di usare tutti gli strumenti utili per raggiungere il risultato. La strada maestra, comunque, sembra essere quella di aspettare la pronuncia della Consulta, attesa il 24 gennaio prossimo, e coinvolgere le forze possibili attraverso una ‘virata’ proporzionale.

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Il gruppo del Pd chiuderà i colloqui del premier incaricato oggi intorno alle 12. E arrivano le prime diserzioni: LegaM5s hanno infatti annunciato che non parteciperanno alle consultazioni. “Non riconosciamo alcuna legittimità a Gentiloni e al suo governo. Non abbiamo tempo da perdere in inutili consultazioni. L’unica risposta che vogliamo ascoltare è la fissazione della data per le elezioni politiche”, ha dichiarato Salvini.

Continuano poi i contatti tra i partiti per la squadra di Governo. La casella più “pesante”  da riempire è quella che Gentiloni lascia vuota, alla Farnesina. Ancora in pista sarebbe il nome di Piero Fassino. Secondo alcune voci che arrivano da fonti parlamentari, però, potrebbe essere Angelino Alfano a traslocare dal Viminale. Luca Lotti, attualmente sottosegretario alla presidenza del Consiglio, potrebbe ottenere le deleghe ai Servizi segreti, oggi nelle mani di Marco Minniti, che potrebbe sostituire Alfano come titolare degli Interni. Ancora da risolvere la partita che riguarda le Riforme. Maria Elena Boschi, infatti, potrebbe lasciare il dicastero e conservare soltanto la delega ai Rapporti con il Parlamento e alle Pari opportunità, o traslocare a palazzo Chigi da sottosegretario. In questo caso, a sostituirla, potrebbe essere il dem Emanuele Fiano. Dovrebbe rimanere al Tesoro Pier Carlo Padoan, ritenuto fondamentale conoscitore dei dossier economici anche alla luce della crisi Mps. Confermati Andrea Orlando alla Giustizia, Roberta Pinotti alla Difesa e Maurizio Martina all’Agricoltura, oltre ai rappresentanti della minoranza di Governo Beatrice Lorenzin ed Enrico Costa. In trattativa una poltrona da riservare al nuovo alleato Denis Verdini. Possibile una promozione per Enrico Zanetti, attuale viceministro dell’Economia, o l’ingresso nella squadra di Governo – in quota Ala – di Giuliano Urbani.

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