Ancora tensione sull’accordo sul nucleare iraniano. Teheran ha reagito duramente alle affermazioni del presidente americano Donald Trump, che ha lanciato un ultimatum perché l’intesa sia resa più rigida (oltre a maggiori controlli, gli Usa vorrebbero imporre restrizioni permamenti non solo sulle centrali ma anche sul programma missilistico), e si è opposta a qualsiasi modifica “ora o in futuro”. Trump ha infatti affermato che il suo Paese resterà nell’accordo del 2015 se gli europei collaboreranno a inasprirlo nei prossimi mesi. Ha anche confermato la sospensione delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, legate all’accordo siglato tra Teheran e le potenze del 5+1 (Cina, Russia, Francia, Germania e Regno Unito), mentre la Casa Bianca avvertiva che sarà “l’ultima” volta.
“E’ l’ultima possibilità”, ha dichiarato Trump, chiedendo agli europei di “rimediare alle terribili lacune” dell’accordo, che gli altri firmatari difendono sottolineando sia lo strumento con cui impedire che Teheran si doti di armi atomiche. “In assenza di un tale accordo” con gli europei, gli Usa imporranno le sanzioni, ha previsto Trump, fatto che sancirebbe la morte immediata del patto di Vienna. “E se a un certo punto valuterò che un tale accordo non sia alla nostra portata, mi ritirerò” dall’intesa del 2015 “immediatamente”, ha minacciato.
Per Trump, l’accordo concluso dall’amministrazione del predecessore Barack Obama non sarebbe abbastanza severo e avrebbe portato la comunità internazionale a chiudere gli occhi sull’azione “destabilizzatrice” dell’Iran in Medioriente e sullo sviluppo di missili balistici da parte di Teheran. A metà ottobre, il repubblicano aveva rifiutato di “certificare” al Congresso che Teheran stesse rispettando l’accordo, ma questo passo aveva avuto conseguenze simboliche.
In concreto l’ultimatum lanciato da Trump prevede 120 giorni, cioé fino alla prossima scadenza di sospensione delle sanzioni, perché sia trovata un’intesa con i partner europei con cui rendere più severe le condizioni, ha spiegato un funzionario americano. Questo senza coinvolgere Teheran, nonostante essa sia firmataria dell’intesa. In parallelo, Trump ha chiesto ancora al Congresso di adottare una legge che indurisca unilateralmente le richieste all’Iran e permetta a Washington di ripristinare in automatico le sanzioni se Teheran non rispetterà le condizioni.
L’Iran si è opposto a qualsiasi modifica dell’accordo: “Non accetteremo alcun emendamento, sia ora o nel futuro, e non permetteremo ad altre questioni di essere legate” all’intesa, ha dichiarato il ministero degli Esteri in una nota. Il ministro Mohammad Javad Zarif ha twittato: l’accordo “non è negoziabile: piuttosto che ripetere una stanca retorica, gli Usa devono arrivare loro stessi al pieno rispetto, proprio come l’Iran”.
Inoltre, Teheran ha anche criticato le nuove sanzioni nei confronti di 14 individui annunciate dal Tesoro americano in relazione a diritti umani e programma missilistico. In particolare, per l’Iran mettere l’ayatollah e capo della magistratura Sadegh Larijani nella lista dei sanzionati “ha superato tutte le linee rosse di condotta nella comunità internazionale” e “il governo americano porterà la responsabilità di tutte le conseguenze di questa mossa ostile”.
Da Mosca, è intervenuto il vice ministro degli Esteri, Sergei Ryabkov, citato dall’agenzia di stampa russa Interfax: “Arriviamo poco a poco alla conclusione che dagli Usa sia già stata presa la decisione interna di uscire” dall’accordo sul nucleare iraniano, “o che siano vicini a prenderla”, questo “potrebbe essere uno dei gravi errori di Washington in politica estera, un grave errore di calcolo”.
L’Unione europea giovedì aveva di nuovo fatto quadrato attorno all’accordo, ricordando che l’Agenzia internazionale per l’agenzia atomica (Aiea) conferma regolarmente il rispetto dei patti. Inoltre, un portavoce ha aggiunto venerdì che l’Ue terrà consultazioni interne, mentre “resta impegnata nella continuazione dell’applicazione piena ed effettiva” dell’intesa. Tuttavia, i ministri europei hanno anche sottolineato a Zarif altri punti di “preoccupazione”, come i missili balistici, le manifestazioni, le posizioni su Siria, Yemen e Hezbollah.