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La “guerra dei sacchetti bio”. Ma perché dobbiamo acquistarli?

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Sarà ricordata come la “guerra dei sacchetti della spesa”. La si combatte da qualche giorno nei supermercati con i consumatori che si presentano alla cassa chiedendo alla sbigottita cassiera di prezzare a una a una sette zucchini, quattro cipolle e undici arance. La si combatte con foto, proteste e illazioni sui social e con il solito giro di notizie false secondo cui, dietro a questa vicenda ci sarebbe il fatto che tra i principali produttori di sacchetti biodegradabili c’è un’azienda “amica” di Matteo Renzi.

Ovviamente, questa volta, Renzi non c’entra. I sacchetti biodegradabili sono prodotti da diverse aziende italiane che praticamente li hanno inventati e li vendono in tutto il mondo. Quanto alla regola che obbliga i commercianti (dai supermercati al pizzicagnolo sotto casa) a vendere ai consumatori il sacchetto biodegradabile deriva da una direttiva europea ed è entrata nella conversione in legge del  decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. La norma come sempre incomprensibile se non si hanno a disposizione decine di altri testi legislativi collegati tra loro e via via modificati, recita: “Le borse di plastica di cui al comma 1 non possono essere distribuite a titolo gratuito e a tal fine il prezzo di vendita per singola unità deve risultare dallo scontrino o fattura d’acquisto delle merci o dei prodotti trasportati per il loro tramite”. Al comma 1 ci sono le buste di plastica biodegradabili che tutti dovremo usare con il nobile obiettivo di smetterla di inquinare l’ambiente con i dieci miliardi (sì, 10.000.000.000) di sacchetti di plastica che ogni anno vengono utilizzati e gettati dai consumatori europei. Chi (i commercianti) non ottempera rischia salate multe da 2.500 a 25mila euro.

L’obiettivo, dunque, è nobile: diminuire l’inquinamento da plastica. Il fatto di dover pagare la bustina biodegradabile è stato spiegato come un’esigenza di trasparenza. Nel senso, par di capire, che se il commerciante te la regala, poi te la fa pagare da un’altra parte con qualche piccolo aumento e tu sborsi senza sapere. Così, almeno, lo sai. Giusto: ma tutte le spese di funzionamento di un supermercato sono già caricate sulla merce che compriamo nessuno pensa di andare al supermercato e pagare solo il prezzo vivo della merce. Tutti sappiamo che se paghiamo le patate un euro al chilo, dentro c’è anche una quota di luce, stipendi del personale, pulizia, sicurezza e quant’altro serve per far funzionare il supermercato.

Quindi, si chiedono molti: non sarebbe stato più facile semplicemente sostituire gli attuali rotoli di plastica non biodegradabile posizionati a fianco delle bilance per pesare frutta e verdura con nuovissimi rotoli di plastica biodegradabile e finirla lì? Se il bieco commerciante ce li ricaricava su qualche altra voce, avrebbe semplicemente continuato a farlo e non sarebbe montato tutto questo can can.

Sì, perché, giustamente, adesso, le associazioni dei consumatori vogliono vederci chiaro. Il Codacons è partito lancia in resta dicendo due cose e minacciandone una. Prima cosa: l’85 per cento dei consumatori italiani (risulterebbe da un sondaggio) è contrario a questa roba dei sacchetti biodegradabili a pagamento. Seconda cosa:se gli shopper biodegradabili costeranno da 1 a 3 centesimi l’uno, il carico economico annuo andrà a collocarsi intorno ai 50 euro per famiglia. Qui, però, c’è da registrare la risposta dell’Assobioplastica (gli imprenditori che fanno i sacchetti biodegradabili): secondo i loro calcoli, la spesa pro capite andrebbe ridotta di molto: da 1,5 a 4,5 euro a persona.

E la minaccia? Quella molti consumatori hanno già cominciato a metterla in atto in proprio. Presentandosi, appunto, alla cassa con i singoli “pezzi” di frutta e verdura chiedendo al disperato cassiere di prezzarli a uno con tanto di scontrino (sarà biodegradabile?).

Anche l’Unione Nazionale Consumatori è decisamente critica sul provvedimento. Il presidente Massimiliano Dona fa notare che il prezzo dei sacchetti andrà da 1 a 5 centesimi nei supermercati, ma salirà a circa 10 nei negozi. Aggiunge Dona: “

Quel che un legislatore attento ai cittadini avrebbe dovuto fare era di imporre anche un prezzo massimo per i sacchetti. E invece, si impone l’obbligo di utilizzo dei sacchetti (e pesanti sanzioni per i contravventori), ma poi si lascia libero l’esercente di fare il prezzo con il rischio di speculazioni nei prossimi mesi, quando si sarà abbassato il polverone”. Dona fa notare che, comunque, converrà al consumatore uilizzare i sacchetti del supermercato anche per l’umido nella raccolta differenziata dei rifiuti (dal momento che sono compostabili). Buona idea ma bisogna vedere se le dimensioni sono sufficienti per il bidoncino di casa.

Ma la questione di fondo resta questo “insopportabile” obbligo a pagare. Obbligo che, effettivamente, si poteva forse evitare mettendolo a carico dei commercianti o, quantomeno, lasciando liberi i commercianti di farsene carico. Alla peggio, si poteva pretendere dai commercianti la trasparenza di far sapere dove si annida il ricarico.

Altro problema. Perché il consumatore non può portarsi da casa regolari sacchetti biodegradabili acquistati per conto proprio? Anche il Codacons chiede al Ministero di intervenire su questo punto. Sembra ci siano questioni igieniche (obbiettivamente difficili da cogliere dal momento che il supermercato non è un ospedale e tutti possiamo entrarci anche con le scarpe sporche) e, forse, questa potrebbe essere una delle soluzioni insieme a quella di permettere ai commercianti (magari sotto forma di promozione) di pagare i sacchetti biodegradabili.

Riassumendo. Prima: al banco della frutta e della verdura trovavi i rotoli di sacchetti di plastica sottilissima da riempire con i prodotti e da prezzare con o senza l’aiuto di un solerte addetto. Adesso: al banco della frutta trovi i rotoli di sacchetti biodegradabili (quasi tutti i supermercati si sono già messi in regola, i negozi lo stanno facendo) e, insieme alla frutta che ci metti dentro, il solerte addetto ti prezza anche il sacchetto in ragione di due o tre centesimi. Nei negozi, il banconiere metterà i prodotti nei sacchetti biodegradabili che dovremo pagare a parte.

Sufficiente, tutto ciò, a scatenare la “guerra” di cui all’inizio? In Italia sì. E’ anche vero che l’obiettivo è nobile ma per evitare che il consumatore si imbazzirisse come sta accadendo, bastava pensarci prima di scrivere nella legge sul Mezzogiorno che “le buste di plastica non possono essere distribuite a titolo gratuito”.

 

 

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