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Mattarella preme per il rispetto degli impegni. Renzi accetta standby dimissioni: prima serve l’ok alla manovra

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Dimissioni in standby, quanto basta ma non troppo. La rapidità annunciata da Matteo Renzi nella conferenza stampa di domenica notte, dopo la sonora sconfitta al referendum costituzionale, subisce uno stop inaspettato. Le dimissioni irrevocabili vengono congelate, tutto per permettere al Parlamento,  coadiuvato da un governo regolarmente in carica, di approvare in tempi rapidi la manovra in Senato ponendo così la questione di fiducia. Il tutto secondo questo schema dovrebbe chiudersi mercoledì con il voto e il via libera di Palazzo Madama. Solo allora Renzi tornerà al Quirinale per rimettere nella stessa giornata il mandato e affrontare da dimissionario una direzione del Partito Democratico bollente, ma questa è un’altra partita.

Ieri pomeriggio il premier è salito al Quirinale dopo il Consiglio dei Ministri. Tutto come da copione, ma senza portare in tasca la lettera di dimissioni. A Mattarella ha solo “manifestato l’intento di rassegnare le dimissioni”, si legge in un comunicato della Presidenza della Repubblica.
Il capo dello Stato, riferisce ancora la nota, “considerata la necessità di completare l’iter parlamentare di approvazione della legge di bilancio onde scongiurare i rischi di esercizio provvisorio, ha chiesto al Presidente del Consiglio di soprassedere alle dimissioni per presentarle al compimento di tale adempimento”. Tutto rimandato quindi con Mattarella che con l’attività “di esortazione e di suggerimenti” attraverso “la persuasione senza proclami” è riuscito a far riflettere Renzi per il bene del Paese.

Il cambio di rotta del presidente del Consiglio si capisce già nella tarda mattinata di ieri, quando sale al Colle per un incontro informale con Mattarella.  Un’ora di colloquio, poi direzione Palazzo Chigi e il silenzio. A parlare è il capo dello Stato nelle cui mani da ieri sera sono custodite le sorti del Paese, con relative decisioni su strategie da prendere. “L’alta affluenza al voto, registratasi nel referendum di ieri, è la testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva” scrive l’inquilino del Quirinale in una nota. Poi l’ufficializzazione della sua posizione dopo aver parlato con il premier: “Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all’altezza dei problemi del momento”.  Non serve leggere tra le righe, il riferimento è la legge di Bilancio che deve essere approvata in un  “clima politico, pur nella necessaria dialettica”  improntato sulla “serenità e rispetto reciproco”. Tutto chiaro, anzi chiarissimo. Dal Senato fonti accreditate confermano l’accelerata sull’ex finanziaria, con il Cdm che nel pomeriggio autorizza il ministro Maria Elena Boschi a porre la fiducia sul provvedimento.  Domani la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama scandirà il timing, consapevole che il Senato ha tempi più rapidi.

Se tutto dovesse andare come stabilito nelle silenziose stanze del Quirinale le consultazioni potrebbero già iniziare venerdì. Due, tre giorni e poi il nome del premier incaricato sarà svelato. I nomi più gettonati sono quelli di Pier Carlo Padoan e di Pietro Grasso, ma salgono le quotazioni anche di Dario Franceschini e del fedelissimo Graziano Delrio.
Non è esclusa la sorpresa dell’ultima ora, una carta coperta svelata solo a Mattarella.

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