Un 13enne padovano diviso tra un rapporto di “dipendenza” dalla madre, e un padre accusato di abusi sessuali e maltrattamenti nei suoi confronti. Un caso triste, sul quale si è pronunciato il Tribunale per i minorenni di Venezia con un decreto destinato a far discutere. Il 13enne, infatti, è stato allontanato dalla madre e affidato ai servizi sociali per il “collocamento in idonea comunità, preferibilmente terapeutica, lontana dal territorio di appartenenza”. Una decisione dettata dal comportamento del ragazzo. “Nella relazione con i pari e gli adulti è aggressivo, provocatorio, maleducato, usa un linguaggio anch’esso provocatorio e molto scurrile, disturba gli altri, usa la menzogna, tende a fare l’eccentrico”, scrive il Tribunale per i minorenni nel decreto. Ma poi, ed è su questo punto che si scatenano le polemiche, i giudici aggiungono che il 13enne “tende in tutti i modi ad affermare che è diverso e ostenta atteggiamenti effeminati in modo provocatorio”.
“E’ un atteggiamento discriminatorio, inaudito – spiega il legale della madre del 13enne, l’avvocato Francesco Miraglia, specializzato in diritto di famiglia -. Trovo scandalosa la decisione di allontanare un ragazzino solo per l’atteggiamento effeminato”. L’avvocato annuncia battaglia. “Il 17 gennaio il tribunale ha convocato i genitori per ascoltarli in merito al provvedimento e lì ribadiremo quello che pensiamo. In tempi di diritti civili e matrimoni gay sembra davvero un ritorno al medioevo leggere queste cose”.
Il tribunale descrive nel dettaglio anche il rapporto dell’adolescente con la madre. “Il suo mondo affettivo – si legge – risulta legato quasi esclusivamente a figure femminili e la relazione con la madre appare connotata da aspetti di dipendenza, soprattutto riferendosi a relazioni diadiche con conseguente difficoltà di identificazione sessuale, tanto che in alcune occasioni era andato a scuola con gli occhi truccati, lo smalto sulle unghie o brillantini sul viso. Emergeva poi un forte conflitto di lealtà con la madre”.
L’allontanamento, quindi, viene disposto perché “il lavoro terapeutico non risulta possibile nel contesto familiare attuale in quanto non vi sono genitori in grado di sostenere attivamente una psicoterapia del ragazzo”.
Al momento l’adolescente, nonostante la decisione sia arrivata a fine novembre, vive ancora con la madre e continua a frequentare la scuola. “L’allontanamento non è stato ancora eseguito – spiega Miraglia – anche perché è di difficile attuazione. Spero non si arrivi a un trattamento sanitario obbligatorio”. Una situazione molto complessa, che si è stratificata negli anni. Fino al 2007 il ragazzino ha vissuto con entrambi i genitori, poi c’è stata la separazione e l’affidamento congiunto anche se ha sempre vissuto con la madre. Ma la donna ha denunciato l’uomo e i suoi familiari per maltrattamenti e abusi nei confronti del figlio: procedimento penale che si è concluso con l’archiviazione disposta dal gip. Quindi c’è stato, nel 2010, un primo tentativo di ristabilire gradualmente i rapporti con il padre, non andato a buon fine. Intanto, nel 2014, è stato disposto anche il collocamento diurno presso un gruppo famiglia e un nuovo rinvio a giudizio del padre per violenza sessuale, denuncia sporta sempre dalla madre con nuovi elementi. Una esperienza traumatica, segnata anche da presunte percosse ricevute nella comunità di affidamento e culminata proprio con l’allontanamento da entrambi i genitori.