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Parlamento e governo, tutti i numeri e i sei scenari possibili

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Il voto genera prima di tutto numeri. Ed è dai numeri che tutti dovranno partire per verificare se questo avventurato Paese ha la capacità e la possibilità di darsi un governo. Finita l’euforia per la vittoria (M5S e Centrodestra) e la tristezza per la sconfitta (Pd e Leu), tutti si troveranno (metaforicamente) ai piedi del Colle con in tasca i foglietti con i numeri che definiscono le forze del prossimo Parlamento, le possibili alleanze: quelle che si possono escludere a priori propri perché i numeri mancano, quelle che (sempre a partire dai numeri) possono essere messe in pista. Un sola, però, andrà in porto. E dipenderà da tanti fattori. Proviamo ad analizzare i possibili scenari a partire proprio da numeri.

LO SPOGLIO DELLA CAMERA

CAMERA – Alla Camera (quando devono essere assegnati una dozzina di seggi) il Centrodestra ha 260 deputati (73 Lega, 59 FI, 19 Fratelli d’Italia più 109 dell’uninominale), il M5S ne ha 221 (di cui 88 all’uninominale), il Centrosinistra 112 (86 tutti del Pd, mai così in basso nella sua storia, più 24 all’uninominale) e Leu 14. Il deputato valdostano andrà all’Union Valdotaine e dall’Estero dovrebbero arrivare 4/5 seggi al Pd (che è in testa nella circoscrizione estera) 3 al centrodestra, un paio ai 5Stelle. Quindi, nulla che possa spostare le proporzioni. Comunque la rigiri, al Centrodestra mancano più di 50 voti per arrivare alla maggioranza (316 voti su 630). Neppure il miglior Berlusconi con i suoi mezzi leciti e meno leciti potrebbe riuscire a mettere insieme una pattuglia così larga di “responsabili”. Un dato che, poi, potrà avere un valore nell’inidirizzare le trattative, è quello delle proporzioni all’interno del Centrodestra. Sappiamo che la Lega (17,37% al plurinominale) ha battuto Forza Italia (fermo al 14,01%): questo divario di traduce in 14 seggi di vantaggio (73 a 59). Guardando dentro i 109 seggi dell’uninominale si capirà  se Forza Italia riuscirà a pareggiare il conto.

LO SPOGLIO DEL SENATO

SENATO – Dati molto simili al Senato dove mancano da assegnare 12/14 seggi. Il Centrodestra ottiene 135 seggi di cui 77 al plurinominale (37 Lega, 33 Forza Italia, 7 Fratelli d’Italia) e 58 all’uninominale. Di questi 58 non è ancora chiaro quanti sono della Lega e quanti di Forza Italia. C’è chi dice che Forza Italia potrebbe recuperae abbastanza da passare in vantaggio all’interno della coalizione. Teniamo a mente questo dato perché a seconda di chi ha la maggioranza all’interno del Centrodestra, potrebbero succedere cose diverse. Il M5S porta a Palazzo Madama 112 senatori (44 all’uninominale e 66 al plurinominale). Il Centrosinistra ne ha 57 (13 più 43 più uno dell’Svp).

LE PRESIDENZE – I primi movimenti si avranno dopo l’insediamento delle Camere in programma il 23 marzo prossimo. Uno dei primi adempimenti è l’elezione dei president dei due rami del Parlamento. Al Senato, per eleggere il presidente, è necessaria la maggioranza assoluta ai primi due scrutini e la maggioranza dei presenti al terzo. Al quarto (nella stessa giornata)  si va al ballottaggio fra i due che hanno preso più voti. Quindi, entro un paio di giorni dovremmo avere la seconda carica dello Stato. Con quale maggioranza verrà eletto sarà un dato importante anche per quello che verrà dopo. Il centrodestra con i suoi 135/140 senatori (una spaccatura a questo livello tra Forza Italia e Lega pare impossibile) può farcela al ballottaggio, ma deve stare attento a una possibile alleanza M5S-Pd (169 voti) che potrebbe risolvere la questione anche prima.

Ovviamente, quello che accadrà al Senato avrà ripercussioni importanti alla Camera dove il presidente si elegge con una maggioranza dei due terzi dell’assemblea al primo scrutinio; al secondo e terzo bastano i due terzi dei voti. Dal quarto in avanti con la maggioranza dei voti. Se il centrodestra avrà messo in carniere il presidente del Senato, potrebbe essere più malleabile nel lasciare la presidenza della Camera al M5S o alla minoranza (cioé al Pd) come si faceva una volta per buona creanza istituzionale. Dare la presidenza al Pd potrebbe essere una strada per ingraziarselo nelle trattative successive per il governo. Come lasciare la carica al M5S potrebbe essere un segnale di non belligeranza con i pentastellati.

SCENARI DI GOVERNO – Prima regola: Mattarella non darà mai l’incarico a chi si presenterà semplicemente a dirgli: “Ho vinto le elezioni. Dammi l’incarico che vado a cercarmi la maggioranza in Parlamento”. Chi vorrà provarci dovrà spiegare al Capo dello Stato come e dove trovare i voti per arrivare alla maggioranza. Né il centrodestra né il M5S dovrebbero essere in grado di presentarsi con una certezza di questo tipo in tasca. Probabile che Mattarella affidi un incarico esplorativo a uno dei due presidenti di Camera e Senato appena eletti. Più saranno personalità non troppo di parte e meglio sarà.

A quel punto si cominceranno a fare i conti. Numeri alla mano sono possibili le seguenti ipotesi che hanno livelli di possibilità di realizzarsi abbastanza diversi tra loro

1) Centrodestra-M5S – Dal punto di vista dei numeri non ci sarebbero problemi. Un’alleanza così avrebbe oltre 480 seggi alla Camera e circa 250 al Senato. Ma è un’alleanza che ha in sé alcuni germi di antieuropeismo (Salvini e alcune posizioni originali dei 5 stelle) che fanno paura al Colle, ai mercati, alle imprese ecc. Un governo Cdx-M5S ha scarse probabilità di nascere. Qualcuna in più se nel centrodestra prevalesse Forza Italia che, dal punto di vista dell’europeismo dà maggiori garanzie.

2) Lega-M5S – I numeri ci sarebbero perché alla Camera la Lega dovrebbe arrivare a quota 100 (oltre i 320 con i 221 pentastellati) e al Senato dovrebbe superare i 50 (162/165 con i 112 del M5S). Ci potrebbero essere assonanze programmatiche (antieuropeismo) ma proprio sui temi più estremi utilizzati  in campagna elettorale da cui entrambi i partiti sanno di doversi allontanare se vogliono governare. Il Colle non gradirebbe. Pd e Berlusconi insieme li metterebbero a perdere. La Lega dovrebbe uscire da uno schieramento che le ha dato molto. Probabilità: molto basse.

3) Centrodestra-Centrosinistra – Tutte le ipotesi che vedono coinvolto il Pd devono fare i conti con quello che ha detto ieri Renzi: “Il Pd va all’opposizione”. Lunedì ci sarà la direzione al Nazareno e vedremo cosa uscirà da questo punto di vista. Le critiche interne al segretario si sono concentrate proprio sull’invito a non chiudersi. Ma pochi di quelli che l’hanno criticato pensavano a una possibilità di questo tipo. I numeri alla Camera (260+112 fa 362) e al Senato (135+57= 192) ci sarebbero tranquillamente. Ma su quali basi programmatiche potrebbero governare due forze politiche che, per tutti questi anni, sono state agli antipodi? Se anche, per qualche strano gioco, l’operazione dovesse decollare, il M5S avrebbe vita facile ad attaccarla e guadagnare altri consensi elettorali. Probabilità: molto basse

4) M5S-Centrosinistra – Stessa premessa di prima. Ma qui è evidente che una parte del Pd ha criticato Renzi proprio perché, qualcuno (Emiliano) nel centrosinistra pensa potrebbe avere un senso esplorare un discorso di alleanza con il Movimento 5 Stelle che, di sicuro, ha preso un bel po’ di voti (soprattutto al Sud) che sono stati del Pd. E, in chiave puramente teorica, alle origini del M5S c’è certamente una vena di sinistra che si è poi annacquata di populismo. I numeri ci sarebbero anche se non amplissimi: Camera: 332 (221+112) più qualche deputato dall’Estero e il valdostano. Senato: 169 (112+57) più quelli dall’estero. Probabilità: bassa, ma non impossibile.

5) Governo di scopo – S’intende, con questa definizione, un governo che nasce con un preciso obiettivo (fare la riforma elettorale, approvare il bilancio dello Stato e portare il Paese a nuove elezioni). Comporta, ovviamente, la compresenza di tutti: Centrodestra, Centrosinistra e M5S con un uomo abbastanza gradito (o non sgradito a tutti): merce rara di questi tempi. Si arriverà a parlarne solo dopo che le altre strade si riveleranno tutte chiuse. Potrebbe sollecitarlo anche il Colle. Molto, ovviamente, dipendertà da tre fattori: a) lo scopo (o gli scopi): più ce ne sono e più è difficile; b) la durata: si parla sempre di un anno; c) come inciderebbe sulle successive elezioni. Nessuno vedrebbe con favore il fatto che una delle tra forze politiche si avvantaggiasse troppo della situazione. Probabilità: media. Comunque, più alta delle altre.

6) Larghe intese – Stessa formazione: tutti insieme. Stesso problema sul premier. Ma senza lo scopo e la durata. Un governo di unità nazionale, una Grosse Koalition che dovrebbe durare per tutto il tempo necessario a far funzionare il Paese e, forse, anche di più. Se lo chiedessi a un marziano appena sbarcato in Italia, ti direbbe: “Bene, che c’è di strano? Lavorate insieme per il bene comune. Siete tutti italiani, no?”. Ma siccome viviamo in queste Paese e in questo mondo, la cosa appare quasi impossibile. Livello di probabilità: teoricanmente altissimo, praticamente, bassissimo.

 

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