I più assicurano che “le carte vere” sono “ancora coperte”, ma anche che se non è chiaro quando si aprirà la fase congressuale, la corsa per il dopo Renzi alla segreteria del Pd è già partita. In questo senso viene interpretata, ad esempio, la mossa di Carlo Calenda di iscriversi al partito. Il ministro dello Sviluppo economico dice di voler solo “collaborare” per “risollevare” il destino dem e smentisce una sua candidatura alla guida del Nazareno. “Non conosco il partito, le persone che ci lavorano, la rete territoriale etc.. Candidarsi a qualcosa sarebbe davvero poco serio. E poi non voglio essere in nessun caso un ulteriore elemento di divisione o personalizzazione. Lavoriamo tutti insieme”, ha scitto su Twitter rispondendo a un follower che invece lo incoraggia a prendere le redini del partito.
Chi invece non si tira indietro, almeno per ora, è Sergio Chiamparino. “Candidarmi a segretario? Perché no? Io una mano la posso dare”, ha annunciato non risparmiando di alzare i gomiti nei confronti dell’ultimo ‘arrivato’, Calenda. “Non si tratta di fare un concorso di bellezza o di bravura ma di dare un segnale: i vertici tutti, a cominciare dal segretario, hanno capito che c’è una responsabilità soggettiva nostra in una sconfitta. La più pesante che la sinistra abbia conosciuto nel dopoguerra”, ha tagliato corto.
A sinistra, anche fuori dal Pd, in tanti sperano che alla fine ‘scenda in campo’ Nicola Zingaretti. Dopo il bis nel Lazio, qualcuno scommette che alla fine sarà così. “È l’unico che ha vinto, che sa ancora cosa significa”, il commento sprezzante di un dirigente dem. Dopo l’impresa alla Pisana, gli applausi sono stati tanti. “La sinistra di governo che vince anche quando è davvero difficile. Grazie @nzingaretti”, ha commentato a caldo il premier Paolo Gentiloni, mentre sono arrivati i complimenti di Andrea Orlando (“Congratulazioni a @nzingaretti! Un centrosinistra diverso è possibile, un centrosinistra diverso vince”) e Pietro Grasso. Il diretto interessato non intende sbilanciarsi, almeno per il momento: “Cosa farò se mi chiederanno di diventare il segretario del Pd? I soldati servono nell’esercito, nella politica servono persone che fanno politica, io ho dato un contributo al mio partito, altrimenti non avremmo rivinto nel Lazio. Poi – ha scherzato – se mi chiedete cosa farò da grande, dico il presidente del Lazio”.
Si temporeggia, insomma, in attesa di conoscere i veri avversari. Soprattutto chi, o coloro, tra i renziani, che sceglieranno di ‘raccogliere l’eredità’ è il ‘bottino di voti’ dell’attuale segretario. Graziano Delrio, Maurizio Martina, Matteo Richetti o – viene spiegato – qualche nome a sorpresa ‘al femminile’. La partita, insomma, è appena iniziata.