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Pd, Schlein lancia offensiva d’autunno: “Scendiamo in piazza”

Il coro ‘Elly Elly’ apre la serata. ‘Bella ciao’, intonata a gran voce da tutta la platea della sala Salvador Allende della Festa dell’Unità di Ravenna, la chiude. Nel mezzo il Pd di Schlein, o almeno quello che la segretaria ha in testa. La leader non nasconde “l’emozione e l’onore” di essere sul palco e, dopo l’estate militante, lancia un “autunno di impegno e partecipazione”. Su sanità, difesa del potere di acquisto delle famiglie e misure per sostenere la crescita, “siamo pronti a scendere in piazza per una grande mobilitazione nazionale – annuncia – È il nostro tempo, riprendiamoci il nostro futuro”.

Elly Schlein canta ‘Bella ciao’

 

 

In platea sono pochi i parlamentari e big del partito (mentre fa il suo esordio in pubblico la compagna di Schlein, Paola Belloni, che porta anche il cagnolino). Tra gli ex ministri dem, l’unico presente è Roberto Speranza, rientrato nel Pd dopo il congresso. Matteo Orfini, voce dei ‘Giovani turchi’, l’unico ‘capocorrente’. Ed è assente anche il presidente dem Stefano Bonaccini, anche se c’è il suo fedelissimo braccio destro, responsabile Enti locali dem, Davide Baruffi. Ci sono invece i componenti della segreteria vicini alla leader dem: Marta Bonafoni, Marco Furfaro, Marco Sarracino, Antonio Misiani, Marwa Mahmoud, Camilla Laureti e Igor Taruffi, anima organizzatrice della Festa. Presenti poi la capogruppo Chiara Braga e i ‘franceschiniani’ Marina Sereni e Alberto Losacco e il tesoriere Michele Fina. Si notano, invece, le assenze dei componenti di minoranza della segreteria: da Alessandro Alfieri a Debora Serracchiani, così come i parlamentari vicini a Base riformista. “Non c’era nessuna decisione di esserci o non esserci. Ognuno fa quel che vuole”, spiegano loro.

In ogni caso, Schlein, prova in qualche modo a rasserenare gli animi: “L’invito è non solo a chi c’è di restare ma anche a chi è fuori di iscriversi. Mi fido poco dei partiti in cui non vola una mosca, ma l’importante è che ci rispettiamo. Se ci vedono litigare è una grande responsabilità, soprattutto di chi guida. Ascoltiamoci di più, rispettiamoci di più. Io lo farò”, assicura. Certo la rotta non cambia: “Evitiamo – è l’appello – di essere un partito che per parlare di tutto a tutti, rischi di parlare di poco a pochi”. Non solo. “Mi accusano di spostare il Pd più a sinistra. Io non so se ho questa colpa e non so nemmeno se sia una colpa – dice chiaro – Aiutatemi a portare il Pd più in basso, tra chi non crede più nella politica, ad ascoltare le persone che fanno fatica, i bisogni delle persone in carne e ossa. Solo così riporteremo il partito a vincere”.

Per la segretaria “l’ambizione” del partito non deve essere solo quella di unire storie e culture diverse (“percorso incompiuto e forse infinito”), ma “immaginare un progetto nuovo. Dobbiamo essere plurali, larghi, aperti, generosi e consapevoli, tutti insieme”, insiste.L’idea è quella di continuare con le iniziative sul territorio (presto sul sito dem ci sarà una mappatura delle “oltre 700 iniziative” dell’estate militante e delle “550 Feste dell’Unità”). Avanti, quindi, sul salario minimo e sul “metodo di lavoro” che quella battaglia ha inaugurato. “Non crediamo alle alleanze fatte a tavolino, ma costruite sui temi – scandisce quasi replicando pronunciate sullo stesso palco dal leader M5S Giuseppe Conte il giorno prima – Non ci interessano polemiche miopi, focalizzarci sulle differenze, vogliamo essere più forti dialogando sui temi”. La leader dem, però, intende anche “lavorare sul partito”. “Prepariamoci a una grande conferenza sull’organizzazione per capire come reinventarci”, dice, annunciando anche “una grande scuola di formazione del Pd”.

Le citazioni scelte per il discorso di chiusura a Ravenna tradiscono i ‘maestri’. Ci sono Enrico Berlinguer e i suoi “pensieri lunghi”, il primo segretario Pd Walter Veltroni con il suo discorso del 2007, l’invito di Romano Prodi ad allargare il campo e infine Aldo Moro: “Tempi nuovi si annunciano ed avanzano in fretta come non mai. Il vorticoso succedersi delle rivendicazioni, la sensazione che storture, ingiustizie, zone d’ombra, condizioni d’insufficiente dignità e d’insufficiente potere non siano oltre tollerabili’”, recita solenne Schlein, che poi si commuove quando cita Michela Murgia, “un’amica scrittrice che diceva: ‘se serve solo a te non è femminismo’”

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