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Referendum, la paura della stampa internazionale: Renzi come Cameron

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Se vince il No e si va alle elezioni anticipate, il prossimo Governo sarà targato Movimento 5 stelle. Ma se vince il Sì e poi, col nuovo sistema, il M5s conquista il Governo, ci arriverà dopo ma con molti più poteri. In entrambi i casi l’Italia finirà sulla scia della Brexit, di Trump, di Orban. E’ in questo tormentato paradosso tra due scenari opposti – ma convergenti – il filo conduttore che ha visto schierare su fronti contrari i grandi giornali internazionali. Il tema per la stampa d’oltreconfine si riassume in una sola questione: minimizzare il rischio M5s.

Il New York Times va dritto al punto: “Con la crescente rabbia populista, l’Italia potrebbe essere la prossima tessere del Domino a cadere”. Perché “se Renzi fa un passo indietro, potrebbe aprire la strada ai suoi oppositori, che hanno minacciato di portare la quarta economia del continente fuori dalla zona euro”. Il quotidiano statunitense sottolinea che il premier “sta mostrando una vulnerabilità inattesa tra gli elettori giovani, che hanno contribuito alla sua ascesa ma ora sembrano volere le stesse garanzie lavorative e protezioni sociali che avevano i loro genitori”.

Il Wall Street Journal scrive che “dopo Trump e Brexit, tutti gli occhi sono ora sul referendum costituzionale italiano”. Anche il giornale finanziario della Grande mela è più preoccupato dell’instabilità politica che le dimissioni di Renzi potrebbero provocare che degli eventuali vantaggi dei nuovi poteri per un possibile governo alla Trump. E così traccia come “lo scenario peggiore” quello della sconfitta del premier e di un governo di coalizione fino al 2018. Che, dice, provocherebbe una tempesta sulle banche del Bel Paese, il che, a sua volta, consegnerebbe le prossime elezioni al M5s.

Al di qua dell’Atlantico, il cugino finanziario della City, il Financial Times, ragiona nello stesso modo: “Se vincesse il No, le conseguenze potrebbero essere profonde, con effetti molto più ampi che sulla sola politica italiana, dal momento che la terza economia dell’area euro entrerebbe in un periodo di incertezza politica”. Ma avverte: la vittoria del Sì “non mettere fine ai rischi. Il principale obiettivo di Renzi sarebbe quello di rafforzare la sua maggioranza nel 2018 piuttosto che quella di spingere ancora sulle riforme economiche”. E “molto probabilmente tenterà di negoziare un accordo per cambiare la legge elettorale con Berlusconi per limitare il potere del M5s se dovesse vincere le prossime elezioni”.

Preoccupazione formulata anche dal settimanale Economist. Il giornale – che ha storicamente condotto una campagna contro Silvio Berlusconi quando era premier – paventa il rischio che la riforma, “cercando di mettere fine alla instabilità che ha dato all’Italia 65 Governi dal 1945, possa creare l’uomo forte. Questo in un Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi, e che è preoccupantemente vulnerabile al populismo”. Lo stesso settimanale però nell’edizione monografica ‘Il mondo nel 2017’, dà voce anche all’altra campana, sottolineando che con il No lo scenario che affronterà sarà “familiare in modo deprimente, di caos politico e forse economico”.

Renzi, riassume France 24, ha fatto lo stesso errore di David Cameron, lanciando un referendum col quale rischia di fare la stessa fine. “E’ pieno di paralleli” scrive sul suo sito la tv francese, tra i due casi. E il britannico Guardian ammonisce: “Le rivolte popolari si sono diffuse in tutto l’Occidente quest’anno e il referendum di Renzi, proprio come quello sulla Brexit di Cameron, potrebbe aver dato agli italiani l’occasione perfetta per una rivolta contro le elite politiche”.

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