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Sequestrati beni per 1,5 milioni alla famiglia Riina. Colpo al clan Brancaccio: 34 arresti

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Duro colpo al clan palermitano di Brancaccio. Sono 34 le misure cautelari personali eseguite nei confronti di 17 esponenti del clan e di altrettanti loro complici. L’operazione di guardia di finanza e polizia ha anche condotto al sequestro di 42 aziende, per un valore complessivo di circa 60 milioni di euro.

E le operazioni antimafia, nel giorno dell’anniversario della morte di Paolo Borsellino, non si fermano qui. I carabinieri del R.O.S., in collaborazione con quelli del comando provinciale di Palermo e Trapani, stanno dando esecuzione ad un decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale di Palermo (sezione misure di prevenzione) su proposta della Procura della Repubblica di Palermo nei confronti del capo di Cosa nostra, Salvatore Riina, e del suo nucleo familiare per un valore complessivo di circa 1,5 milioni di euro.

SMANTELLATO CLAN BRANCACCIO.  Tra gli arresti ad opera della guardia di Finanza di Palermo e della polizia, nella operazione che ha sgominato il clan mafioso di Brancaccio nel capoluogo regionale siciliano, c’è anche Giuseppe Lo Porto, il fratello di Giovanni Lo Porto, l’operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e ucciso da un drone tre anni dopo in un raid antiterrorismo degli Usa nel 2015.
Tra i soggetti destinatari di custodia cautelare in carcere spicca inoltre Pietro Tagliavia, capo del mandamento mafioso di Brancaccio e della famiglia di ‘Corso dei Mille’, attualmente ai domiciliari.
Le investigazioni hanno fatto luce su numerosi episodi di minacce, danneggiamento, estorsione, furto e detenzione illegale di armi da parte di esponenti della  cosca di Brancaccio, nonché di ricostruire l’intero organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice.

E’ emerso dagli atti investigativi il totale controllo, da parte dell’associazione, di un ‘gruppo imprenditoriale’, distribuito su diverse Regioni ma particolarmente radicato in Sicilia e Toscana. Ricostruito, inoltre, l’intero organigramma delle famiglie mafiose appartenenti al mandamento, definendo ruoli e competenze di ciascun associato e, in particolare, individuando gli elementi di vertice. Tra questi spiccano le figure di Claudio D’Amore, Bruno Mazzara e Giuseppe Lo Porto, fidati collaboratori di Tagliavia. Sempre fra i soggetti di vertice Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandala’, Gaetano Lo Coco incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le  frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali. E poi Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di Brancaccio; ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, titolati rappresentanti della famiglia Roccella.

IL TESORETTO DI RIINA. Le indagini patrimoniali condotte dal Ros costituiscono il completamento della più generale attività di contrasto condotta dai Carabinieri nei confronti del potente mandamento mafioso di Corleone, uscito depotenziato negli ultimi 5 anni dagli esiti delle indagini Patria, All Stars e Grande Passo, ed ha consentito di individuare e colpire il patrimonio occulto riconducibile a Totò Riina, alla moglie Ninetta Bagarella e ai figli, Giuseppe Salvatore, Maria Concetta e Lucia.

I beni sequestrati sono localizzati prevalentemente nelle province di Palermo e Trapani. Si tratta di 3 società, una villa, 38 rapporti bancari e, soprattutto, numerosi terreni di cui si è accertata l’attuale disponibilità al capo mafia corleonese.

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