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Svolta nel M5S: la base dice sì a Draghi (59,3%). Di Battista lascia: “Il Movimento non parla più a nome mio”

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Il “banchiere di Dio” è grillino. Ora lo certifica anche la piattaforma Rousseau. Il Movimento 5 Stelle cambia pelle per la terza volta in tre anni di legislatura e dà il via libera al sostegno per il governo di Mario Draghi. Il risultato della votazione online non è plebiscitario, ma abbastanza rappresentativo da mettere la sordina al dissenso interno: su 119.544, infatti, ben 74.537 hanno partecipato alla consultazione. I sì sono stati 44.177 (59.3%), mentre i contrari si fermano a 30.360, comunque un gruzzolo che vale il 40.7 percento, cifra interessante per chiunque stia pensando a scissioni o a organizzare una corrente interna del dissenso.

I riflettori sono tutti puntati su Alessandro Di Battista e il suo gruppo. Il ‘pasionario’, infatti, in tempo reale annuncia il suo addio – ma spera più in un ‘arrivederci’ – ai Cinquestelle, perché “non posso andare contro la mia coscienza”. A Dibba non è andato giù il governo con dentro tutti: dalla Lega al Pd, a Renzi e soprattutto a Forza Italia. “E’ stata una bellissima storia d’amore, fatta di gioie, battaglie vinte e alcune disattese”, ma “d’ora in poi non parlerò più a nome del Movimento 5 Stelle, perché in questo momento il Movimento non parla a nome mio. E dunque non posso fare altro che farmi da parte”, dice nel video di commiato. Anche se ringrazia Beppe Grillo per avergli insegnato “a prendere posizione, anche andando controcorrente”. E non è un passaggio a caso, perché il ruolo giocato dal garante e co-fondatore è stato dirimente per orientare la base.

Il fattore nuovo, semmai, è che stavolta il garante e co-fondatore ha avuto bisogno dell’ala ‘governista’, rappresentata da Luigi Di Maio, per raddrizzare una barca che sembra diretta alla deriva. E qualche merito ce l’ha anche Giuseppe Conte, ma decisamente più contenuto. Del resto, il suo endorsement per Draghi, a conti fatti, non ha convinto più di tanto i suoi sostenitori all’interno del corpaccione pentastellato, che per larga parte era ed è rimasta contraria all’ex Bce.

Altro fattore che non va assolutamente trascurato, è quello relativo a Rousseau. Non tanto la piattaforma, quanto la posizione assunta dal suo presidente, Davide Casaleggio. Che ha avuto un botta e risposta abbastanza duro con Vito Crimi. Il manager, infatti, a pochi minuti dall’apertura delle votazioni, non solo ha rimandato palla nel campo del reggente sulle polemiche relative alla scrittura del quesito (“Come sempre è il capo politico a sceglierli”), ma ha provato ad allargare il range delle possibilità anche all’astensione in caso di affermazione dei ‘no’. Secca e immediata la replica: nessuna consultazione extra, “se prevarrà il sì sosterremo il governo, se prevarrà il no non lo sosterremo”. Partita chiusa.

Poi ci hanno pensato gli attivisti a cavare tutti d’impaccio. “Dando la parola agli iscritti oggi abbiamo ricevuto un mandato, ora viene la parte più difficile, che è quello di rispettarlo”, dice infatti Crimi. Che ha una parola anche per i possibili parlamentari dissidenti: “La democrazia nel Movimento 5 Stelle passa dal voto degli iscritti, che è vincolante”. In poche parole, chi si asterrà o non darà la fiducia a Draghi si aspetti notizie dai probiviri, non fiori e comprensione.

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