“Il paese non c’è più. Sotto le macerie ci sono decine di persone”. E’ l’urlo di dolore e anche la prima testimonianza del sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, poche ore dopo il terremoto del 24 agosto scorso, quando interi comuni tra Lazio, Marche e Abruzzo furono praticamente cancellati. Sono le 3.36. Il boato, la terra che trema con una forza di magnitudo 6.0. Il centro Italia si sveglia nel panico: i soffitti di case e negozi cadono, le travi si piegano, gli oggetti sembrano lanciarsi da mensole, scaffali e dispense.
E’ buio, la notte tra il 23 e il 24 agosto, ma si illumina a giorno tra lampade di emergenze, fari di macchine che tentano la fuga, e quelli dei primi soccorsi che invece faticano ad arrivare tra alberi sradicati sulle piccole strade di montagna, dove anche i ponti sono scrollati. L’epicentro del sisma viene registrato nei pressi di Accumoli, nella provincia di Rieti, in Lazio, dove immediatamente dopo la prima prima scossa sembra che il paese sia stato spazzato via.
Alle prime luci dell’alba si parla già di decine di morti, mentre la terra continua a tremare in modo violento, circa 300 scosse, quelle più forti di magnitudo 5,1 alle 4.32 e 5,4 alle 4.33 con epicentro a 5 chilometri da Norcia. La faglia sull’Appennino non si placa alle 4.34 un’altra, e un’altra fortissima scossa, forse la più lunga, raggiunge l’entità 5,4. L’ultima di un certo rilievo poco prima delle 14 ad Arquata, di magnitudo 4,9. Si scava tra le macerie, si prega per i morti e per chi con un filo di voce grida aiuto sotto sotto i detriti. I vigili del fuoco lavorano, interrottamente, con l’ausilio della Protezione civile, della Croce rossa, delle forze dell’ordine e dell’esercito.
Nessuno molla neanche per un istante, si lotta per portare alla luce quelle voci anche se flebili. Tutti si rimboccano le maniche, nessuno escluso. Il bilancio delle vittime è pesantissimo 299, numero che supera il dramma dell’Aquila del 2006. Solo Amatrice conta 242 morti, di cui molti alloggiavano nello storico Hotel Roma, praticamente cancellato la stessa notte del 24 agosto. Indelebile l’immagine dei funerali celebrati il 30 agosto. Ventotto bare, di cui due bianche, su una di queste un orsacchiotto, e su entrambe le lacrime di genitori che quasi bagnano di più del temporale che proprio quel giorno decise di riversarsi sul tendone allestito a chiesa.
Oggi, a un anno dal sisma, sarà celebrata la ‘Giornata del silenzio’ ad Amatrice. A volerlo lo stesso Pirozzi che ha proclamato il lutto per la cittadino per “il dovere profondo, in segno di partecipazione al dolore delle tante famiglie colpite nei sentimenti più forti, con la perdita dei propri cari”. Con l’esposizione delle bandiere a mezz’asta e listate a lutto, la chiusura degli esercizi commerciali e dei locali pubblici dalle 10.45 alle 12.15 e la sospensione di tutte le attività del Comune fino alle 13, Amatrice ricorda la sua notte di terrore. Arquata ricorderà i propri morti con una lunga veglia (“E guarderemo ancora le stelle brillare in una notte di agosto”) cominciata alle 23 del 23 agosto. Una fiaccolata silenziosa è partita da Trisungo verso Pescara del Tronto, la frazione rasa al suolo dal sisma, e si è raccolta in preghiera fino alle 3.36 del 24 agosto, l’ora della scossa che ha sconvolto l’Italia centrale.