“Perché la gente ama lo sport? Perché – risponde il giornalista Marco Pastonesi – nello sport c’è giustizia. Perché nello sport, prima o poi, trionfa la giustizia. Perché nello sport, prima o poi, i conti tornano, arrivano i nostri, vincono i buoni”. Solo che i buoni da qualche decennio si chiamano Procura Antidoping della Nado, Guardia di Finanza, Procura di Cremona, polizia svizzera.
Accantonando tutto quello che è stato e abbiamo ingenuamente provato, ammetto che da un po’ di tempo mi accontento del fatto che molti truffatori vengano beccati, qualche colpevole paghi e chi ha intenzione di delinquere si spaventi e – spero – rifletta. Pensate soltanto se Blatter non fosse stato preso con le mani nel sacco. O se Platini lo avesse sostituito al vertice del calcio mondiale con 2 milioni di franchi “ingiustificati” sul conto corrente. O se la prossima estate portassimo a Rio atleti che in passato avevano eluso i controlli antidoping.
Mauro Covacich ci ricorda sul Corsera che “quando manca la cultura sportiva, ovvero l’educazione alla bellezza fine a se stessa, la scorciatoia è irresistibile”. E aggiunge: “Da una parte l’agonismo è fagocitato dalle regole dello sport contemporaneo: professionismo, sponsor motivati solo dalle dirette televisive che pretendono alti indici d’ascolto e quindi sempre e solo alte prestazioni. Dall’altra nessun investimento sulla scuola”.
Alla crescita della cultura sportiva attraverso la scuola smisi di credere nel 1972 o forse era il ’71; preferisco affidare le mie speranze di uno sport un po’ più pulito alla tolleranza zero, a controlli più seri e alle radiazioni. Anche sponsor e televisioni dovrebbero sforzarsi di capire che a forza di registrare scandali il cliente/telespettatore si sta buttando sul virtuale e sul burraco.
Ivan Zazzaroni
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