Una finale spagnola, a Lisbona: ma è anche la finale più giusta. Perché non si può sempre vincere alla Mourinho e perché la dose di vittoria al di là dei propri meriti il tecnico portoghese l’aveva già esaurita contro il Liverpool domenica scorsa. Al di là dei giudizi di carattere personale sull’ex allenatore dell’Inter capace di farsi amare ma anche odiare come nessun altro, hanno vinto le due squadre migliori. Impressionante la superiorità del Real sul campo del Bayern, ben sottolineata da Cristiano Ronaldo che in zona mista ha dato anche un nome e un cognome al successo: non il suo ma quello di Carlo Ancelotti.
Così come l’Atletico Madrid ha un nome e un cognome alle spalle dei suoi meriti nazionali e internazionali: quello di Diego Simeone. Il tecnico argentino con una difesa che fino a qualche tempo fa rischiava di retrocedere e senza acquistare a peso d’oro (anzi, vendendo Falcao) ha fatto i miracoli con un calcio sostenibile, di buon senso, determinazione e feroce applicazione. Impressionante la reazione dei Colchoneros dopo il gol del Chelsea, così come l’avvio del secondo tempo che ha visto il Chelsea sbandare paurosamente sulle incursioni di Diego Costa. Finale strameritata per le squadre di Madrid: e stregata per Mourinho che dopo il triplete non ha più avuto la gioia di poter giocare per il massimo trofeo europeo. A volte, chi troppo vuole…
Il Betterista