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Dignità, tornano voucher. Salvini a industriali veneti: “Vediamo chi ha torto”

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Il duo M5S-Lega conserva il boccone più ricco del decreto Dignità per l’ultima forchettata. All’appello mancano infatti solo gli articoli dedicati al mondo del lavoro, quelli che più di tutti hanno fatto discutere il mondo politico, diviso tra chi vede effetti positivi nel testo di Luigi Di Maio e chi, invece, profetizza un calo graduale e pericolosissimo dell’occupazione. Nel mezzo ci sono i voucher, le recriminazioni degli industriali veneti e la determinazione della maggioranza a portare a casa il primo, vero provvedimento del governo del ‘cambiamento’.

A scaldare gli animi ci ha pensato il ‘nord-est produttivo’, uno dei cuori pulsanti dell’economia italiana. Secondo chi fa impresa, il decreto non piace perché allaccia catene ai polsi chi vuole assumere, soprattutto con contratti a termine. Il vicepremier Di Maio, in uno dei recenti botta e risposta con il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, disse che “a preoccuparsi devono essere gli imprenditori che non si comportano bene, chi fa il proprio mestiere correttamente, invece, non deve temere nulla”. Gli industriali del Veneto, però, non la pensano alla stessa maniera e fanno sapere indirettamente che la delusione è forte, anche tra chi ha sostenuto e votato la Lega. E sono tanti. Il viceministro dell’Economia, Massimo Garavaglia, che dal Carroccio proviene, replica: “Risponderemo con i fatti”. Senza escludere possibili modifiche: “Vedremo quando discuteremo dell’articolo 1”. Il suo leader, Matteo Salvini, invece, prova quasi a sfidarli. Bonariamente, s’intende. “Arriviamo a fine percorso e vediamo chi ha torto o ragione”, dice il ministro dell’Interno, spiegando che l’obiettivo è “garantire più lavoro, più diritti agli imprenditori e ai lavoratori, non tornare indietro”.

A partire dai voucher per il turismo, noto cavallo di battaglia per chi si è formato dalle parti di via Bellerio, a Milano. Nel testo dell’emendamento dei relatori circolato il buono lavoro c’è, ma ha dei paletti precisi: ne possono usufruire le piccole e medie imprese fino a 10 dipendenti, ma per un periodo non più lungo di 10 giorni. Inoltre, sono fruibili per pensionati, studenti fino a 25 anni che possano dimostrare l’iscrizione a scuola o all’università e per disoccupati o cittadini al di sotto della soglia di povertà, dunque beneficiari delle misure di sostegno al reddito, reddito di inclusione compreso. Una stretta che non convince del tutto nemmeno gli uomini della maggioranza, e non è escluso che alla fine le maglie non si possano allargare nella versione definitiva.

Non ci saranno cambiamenti, invece, per quel che concerne il comparto scuola. Le commissioni Lavoro e Finanze hanno infatti dato il via libera a un emendamento che nelle intenzioni dovrebbe sgrossare le graduatorie ad esaurimento della scuola dell’infanzia (nemmeno sfiorata dalla riforma del governo Renzi) e della primaria, risolvendo anche il problema degli insegnanti con diploma magistrale conseguito entro il 2001-2002, per i quali sarà bandito un concorso straordinario, aperto anche ai laureati in Scienze della formazione primaria che hanno maturato 24 mesi di servizio negli ultimi 8 anni anche non continuativi (per tutti gli altri ce ne sarà un altro di carattere ordinario), i cui vincitori saranno immessi in ruolo una volta che sarà stata ‘asciugata’ la lista dei vincitori del concorso 2016. Le ‘chiamate’ avverranno comunque con il criterio previsto dal Testo unico vigente, quindi per il 50% dalle Gae. Inoltre gli insegnanti che avevano stipulato contratti a tempo determinato se li vedranno prorogare fino al 30 giugno 2019, così come i contratti a tempo indeterminato saranno trasformati in determinato, sempre con la stessa scadenza, per evitarne la perdita di validità.

La maggioranza, infine, ha concesso il disco verde anche all’emendamento del governo che incorpora il rinvio dell’obbligo di adeguamento alla fatturazione elettronica per i benzinai al prossimo mese di gennaio del 2019, oltre al ‘sì’ alla norma che consente il potenziamento degli organici dei Centri per l’impiego, concedendo alle Regioni avranno l’opportunità di inserire una quota di nuovi assunti nell’arco 2019-2021. Una prima pietra per realizzare il progetto Cinquestelle del reddito di cittadinanza. Ma la ‘ciccia’ viene adesso: il tandem giallo-verde è alla prova del nove.

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