Un gamberetto legato a una corda, lanciato in acqua con una canna, e in men che non si dica spunta la tartaruga, attirata dal prelibato bocconcino. La testuggine si avvicina alla riva quasi a portata di retino: in un baleno viene individuata e catturata con accuratezza. Questo è il nuovo metodo, a quanto sembra efficiente, rodato in queste ultime ore dai biologi ed erpetologi aquilani per il prelievo della testuggine palustre americana. Si tratta della tartarughina spesso esposta in vendita nelle bancarelle dei mercati che, nel corso degli anni, purtroppo cresce e assume dimensioni tali da non poterla più ospitare in un’ampolla d’acqua o in un acquario di casa: per questo motivo la si abbandona libera in natura vicino agli specchi d’acqua. Ma il gesto può essere fatale per altri animali e insetti del posto. Questa testuggine, la ‘Trachemys scripta’, è una specie invasiva che ha preso il sopravvento rispetto a quelle locali e sta spopolando in diverse aree. In Abruzzo un gruppo di esperti, del personale tecnico del Parco nazionale della Maiella, sta cercando di contenere danni e effetti della presenza di questa tartaruga originaria degli Stati uniti Sudorientali e del Messico. Danni perché non solo la testuggine fa piazza pulita del cibo e delle altre specie, ma anche perché può essere veicolo di salmonellosi. Per la cattura delle testuggini vengono impiegati, solitamente, galleggianti e reti. Da pochi giorni invece sul Lago Sinizzo di San Demetrio né Vestini, in provincia dell’Aquila, gli esperti hanno sperimentato questo nuovo sistema di ‘cattura con il gamberetto’. Il gruppo è impegnato in un progetto di eradicazione e contenimento di questa specie aliena, attività finanziato dall’Unione europea e sotto l’egida dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale e il ministero dell’Ambiente.
L’Aquila, nuovo metodo di cattura per la testuggine americana
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