Ricomincia la corsa alla ricerca di un alloggio da parte degli studenti fuori sede che si allontanano da casa e hanno bisogno di una stanza per il nuovo anno accademico. E ricomincia con una cattiva notizia: secondo l’Ufficio studi di Immobiliare.it, nelle 14 città più popolate dagli universitari in trasferta, i prezzi risultano in aumento per il terzo anno consecutivo.
Per una camera singola, in Italia, si spendono mediamente 416 euro al mese, cifra che equivale al 4% in più rispetto allo scorso anno e al 9% in più nel confronto con la situazione di tre anni fa. Le cifre salgono in modo anche vertiginoso se si prende in considerazione Milano, la città più cara da questo punto di vista, coi suoi 528 euro mensili per una singola e 388 per un posto in doppia.
Dato, quest’ultimo, che sconta un’impennata addirittura del 12% rispetto al 2016. Al secondo e terzo posto della classifica si posizionano rispettivamente Roma e Firenze: nella capitale servono in media 439 euro per una stanza dove stare soli, mentre nel capoluogo toscano ne occorrono 401. Quarta Bologna, che presenta un aumento dell’8,5% dei prezzi e chiede ai suoi fuori sede 355 euro per una singola e 260 euro per un letto in doppia, quinta Torino, dove la singola si presenta stabile a 344 euro.
Le due città più economiche, tra le 14 prese in considerazione nell’analisi, sono le siciliane Palermo (199 euro la singola) e Catania (196 euro): nella prima, però, i prezzi sono però cresciuti del 10% in un anno. A spiegare gli aumenti diffusi ai quali si assiste da alcuni anni, secondo Carlo Giordano, amministratore delegato di Immobiliare.it, è in buona parte l’allargamento della domanda, ma non soltanto quello. “Se un tempo era prerogativa degli universitari fuori sede, l’home sharing ha guadagnato popolarità anche fra i lavoratori, non solo come forma di risparmio ma come nuovo stile di vita giovane e alla moda”, spiega il manager, “ne è conseguito un aumento dei prezzi delle locazioni, a cui, riducendo la quota di sommerso, hanno contribuito anche misure come il canone concordato e la cedolare secca”.