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The Post, Spielberg racconta il giornalismo: “Con Trump la libertà di stampa è in pericolo”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Libertà di stampa e parità di genere sul posto di lavoro. In The Post Steven Spielberg si concentra su due temi molto cari all’America da quando Donald Trump è entrato alla Casa Bianca.

“Fin da bambino – ha dichiarato Steven Spielberg, a Milano per presentare il film in anteprima – mi hanno insegnato che la libertà di stampa consente ai giornalisti di essere i guardiani della democrazia. È qualcosa in cui credo ancora oggi. Nel 1971 il presidente Nixon cercò di negare per la prima volta nella storia degli Stati Uniti la libertà di stampa, ma penso che quello che sta accadendo oggi è forse anche peggiore”. “In  America – continua – i giornalisti devono continuamente lottare contro la disinformazione a difendersi da chi li attacca”.

Dopo Il GGG, il regista due volte premio Oscar mette da parte gli effetti speciali e si affida a due mostri sacri del cinema internazionale, Tom Hanks e Meryl Streep (anche loro in Italia per l’anteprima nazionale), per tornare indietro negli anni ’70 e raccontare lo scoop giornalistico che fece crollare la fiducia degli americani nei confronti del governo, conosciuto come Pentagon Papers.

È il 1971 quando il New York Times pubblica alcuni documenti riservati del governo che spiegano come quattro amministrazioni abbiamo insabbiato per anni la verità sulla guerra del Vietnam. Il presidente degli Stati Uniti, Nixon, decide di impedire che il giornale pubblichi altre informazioni dal dossier di migliaia di pagine entrato in possesso della redazione. A Washington, un altro giornale entra in possesso dei documenti: è il Post, una testata ancora lontana dal pubblico nazionale, a cui si presenta la sua occasione per emergere. Il direttore Ben Bradlee e l’editore Katharine Graham decidono di difendere la libertà di informazione e pubblicare ulteriori dati dai Pentagon Papers, rischiando di perdere molto dal punto di vista professionale e personale.

Il film, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 1 febbraio e sarà uno dei probabili protagonisti delle nominations agli Oscar 2018, si poggia sulle solide spalle di due attori straordinari come Tom Hanks e Meryl Streep che portano sullo schermo il rapporto complesso e sfaccettato tra un giornalista ambizioso e innamorato del suo lavoro e una donna che tenta ogni giorno di farsi accettare in un luogo totalmente maschile.

“Badlee era una bestia, un uomo molto competitivo, con una grande passione”, così Tom Hanks parla del suo personaggio. “Odia essere il numero due nella sua città, vuole emergere a tutti i costi, ma non si dimentica mai che il capo è Katharine Graham”.

Al personaggio di Meryl Streep, invece, è affidato il nucleo emotivo del film e che rende The Post un thriller giornalistico molto diverso dai suoi predecessori. “Graham ha compiuto un incredibile atto di coraggio: era una donna – ha spiegato il’attrice – che aveva ereditato il giornale da suo padre e suo marito e sentiva che quel ruolo non le competeva. Le redazioni erano composte da soli uomini bianchi, le donne c’erano ma facevano le segretarie. Penso che Katharine Graham abbia imparato a essere coraggiosa, il problema di oggi è che non lo insegniamo abbastanza alle nostre ragazze”. “La prima versione della sceneggiatura di ‘The Post’ – continua l’attrice  – è stata scritta da Liz Hannah e acquistata da Amy Pascal sei giorni prima delle elezioni presidenziali. Pensavamo tutti che potesse essere la possibilità per riguardare a quel periodo storico e pensare a quanta strada avevamo fatto, dal momento che tutti davamo per scontato che l’America avrebbe avuto da lì a poco la sua prima presidente donna. Poi in realtà Hillary Clinton non ha vinto, sono aumentati attacchi nei confronti delle donne e della libertà di stampa e questo film è diventato una riflessione su quanta strada non abbiamo fatto”.

Il ruolo di una delle prime donne ai vertici del settore, la prima alla guida del Washington Post, prima della fama acquisita non lo scandalo Watergate, è scritto, diretto e interpretato in maniera potente e vuole essere un simbolo forte nei mesi in cui Hollywood si scontra con le molestie sessuali.

“Non è una battaglia nuova, quella delle donne che denunciano i molestatori, – ha dichiarato Meryl Streep, che ha partecipato insieme a centinaia di colleghe alla campagna Time’s Up agli ultimi Golden Globes – ma per qualche ragione il vento ora è cambiato. Non solo a Hollywood, ma in ogni luogo di lavoro. E questo è fantastico. Le donne hanno sempre combattuto, in ogni campo: da chi lavora in ristorante a chi fa servizio negli ospedali, dal settore agricolo a quello industriale, ma ora che Hollywood è stata coinvolta che le persone hanno iniziato a sentirsi più coraggiose, a credere di poter fare qualcosa. Sono molto ottimista per il futuro e sono sicura che si continuerà ad andare avanti su questo fronte”.

E Spielberg le fa eco: “Durante il corso della storia, le donne hanno sempre cercato, e a volte sono riuscite, ad abbattere lo stampo in cui gli uomini le costringono. Per esempio durante la seconda guerra mondiale le donne americane dominavano tutti i settori, quando gli uomini partirono per la guerre. Tutto lo sforzo industriale è stato nelle loro mani, ma alla fine della guerra gli uomini tornarono a casa e le donne furono rimandate nelle cucine”.  “Per via degli esempi che la storia riporta sulla capacità delle donne di dimostrare la propria leadeship, – spiega il regista – il problema è degli uomini: loro non hanno ancora mostrato la volontà di imparare a controllarsi e ad accettare un ‘no’ come risposta, e a comportarsi in maniera appropriata. Il nostro film è un piccolo passo per ispirare molte donne, che come Katherine Graham, hanno difficoltà di a trovare la propria voce e poi riescono a dire quello che vogliono dire”.

 

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