Il semaforo verde della Consulta al cognome della madre per i figli nati nell’ambito del matrimonio è “una pronuncia che rispetta il concetto di parità tra uomo e donna, è proprio la manifestazione concreta di questa concetto”. Ne è convinto l’avvocato ed esperto di diritto della famiglia Cesare Rimini, contattato da LaPresse, dopo la presa di posizione della Corte Costituzionale su un caso così spinoso. Di fatto la Corte ha dichiarato incostituzionale l’automatica attribuzione del cognome paterno prevista dall’attuale sistema normativo quando i genitori decidono diversamente. “E’ una decisione abbastanza prevedibile, già al giorno d’oggi aggiungere il cognome materno è una procedura molto semplice si sentiva nell’aria questa apertura. Si valutano i casi in prefettura, che ha un ruolo cruciale, ma in alcuni casi era già facilitato”, ha aggiunto l’avvocato.
La ‘svolta’ è nata dopo che Corte di appello di Genova aveva sollevato la questione di legittimità per il caso di un bambino nato nel 2012 con cittadinanza italiana e brasiliana. La coppia che ha presentato il ricorso, residente a Genova, si era vista negare il diritto di mettere il doppio cognome al figlio, come desiderato, con l’attribuzione automatica del cognome paterno pur in presenza della diversa contraria volontà dei genitori. Secondo Rimini “la decisione ha sentito il polso di quello che succede nel resto del mondo. Senza essere un veggente me l’aspettavo, credo che bisognerà vedere come si adeguerà la nuova normativa, se questo diritto c’è per quelli che nascono adesso e per le nascite precedenti”. Certamente è un passo importante: sul tema di dibatte da decenni, con una legge approvata alla Camera due anni fa e in attesa dell’esame al Senato e una condanna di Strasburgo del 2014 che ha accusato l’Italia di violare il divieto di discriminazione tra uomo e donna. Nello specifico secondo la Corte europea dei diritti umani “il fatto che sia impossibile derogare è da considerarsi eccessivamente rigido e discriminatorio contro le donne”.
Si tratta infine di una questione molto comune, perché, come spiega Rimini “nelle famiglie di tutti ci può essere il problema del cognome, e ora credo che avverrà molto spesso la scelta del cognome della madre”. Nel frattempo esulta la senatrice Monica Cirinnà, prima firmataria della legge sulle unioni civili: “Si mette così un altro importante tassello giuridico alla parità di genere per altro sancita nel nuovo testo della riforma costituzionale, legittimando in Italia ciò che in tutte le società evolute è da tempo riconosciuto. Una decisione che darà alle famiglie italiane una nuova libertà di scelta. Ora tocca al Parlamento”.