La quota vincente
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Dai Dilettanti al tricolore: la scalata vincente di Sarri

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Dal Sansovino alla Vecchia Signora. Dall’Eccellenza alla vetta della Serie A. Dai trionfi nei campi di periferia al primo scudetto cucito sul petto nella sartoria più vincente del calcio italiano. La parabola di Maurizio Sarri è giunta a compimento: l’ex impiegato in banca, che a fine anni ‘90 ha lasciato il posto di lavoro per dedicarsi completamente alla carriera di allenatore, scrive il proprio nome nella storia guidando la Juventus al nono tricolore consecutivo. Per MS poi c’è un record ulteriore: a 61 anni e sei mesi è il tecnico più ‘anziano’ a imporsi in Serie A. Battuto il precedente primato che apparteneva a Nils Liedholm, che vinse il campionato con la Roma nel 1983 a 60 anni e 7 mesi. In una stagione già di per sé destinata a essere ricordata per lo stop a causa del Covid-19, il tecnico nato a Napoli – ma cresciuto in Toscana – ha battuto la concorrenza dell’Inter di Conte, tornato in Italia dopo l’esperienza in Premier per interrompere il dominio della sua ex squadra, e della Lazio di Inzaghi, vera rivale per gran parte della stagione prima di sciogliersi sotto il sole di luglio.

Accolto l’estate scorsa con qualche scetticismo per il suo ingombrante passato in azzurro, Sarri ha coronato il proprio sogno americano made in Italy. Partito dal sottoscala, con le numerose esperienze in categorie minori, dopo una lunghissima gavetta ha conquistato il ‘Palazzo’ che da avversario della Juve ai tempi del Napoli aveva tentato di scalare senza fortuna. Dopo la parentesi al Chelsea – comunque positiva con la conquista dell’Europa League – Sarri entra definitivamente nella categoria dei tecnici ‘vincenti’, smentendo i detrattori che non lo considera(va)no adatto a guidare una big. Anche se con la rosa a disposizione, obiezione dei maligni, era difficile ipotizzare un epilogo diverso.

Vincere però non è mai scontato (copyright del suo predecessore – e per certi versi nemesi – Massimiliano Allegri) e Mister 33 – questo il soprannome datogli ai tempi del Sansovino per la grande varietà di schemi utilizzata – ci è riuscito al primo colpo. Sarri stesso se n’è accorto sulla propria pelle, conducendo la barca in porto a fatica tra numerose tempeste e bufere. Perché se i risultati gli hanno dato ragione, la sua Juve sul campo non ha mai convinto fino in fondo. Chiamato a Torino per dare alla Vecchia Signora quel ‘bel gioco’ che con Allegri si era visto solo a sprazzi, il tecnico cresciuto a Figline Valdarno non è riuscito nell’intento. La sinfonia ammirata a Napoli e in precedenza a Empoli non è mai risuonata sotto la Mole. Anzi, la squadra plasmata da Sarri ha perso in termini di solidità difensiva e di equilibrio tra i reparti, diventando un pericoloso ibrido stretto tra la volontà di intraprendere una determinata filosofia offensiva e l’incapacità di metter da parte le vecchie certezze acquisite in otto anni di successi. Anche l’altro dubbio di inizio campionato si è confermato tale, nonostante la vittoria dello scudetto: l’ex comandante del Napoli e la galassia Juve non sono (ancora) riusciti definitivamente a entrare in contatto. Più per qualche uscita pubblica rivedibile e incomprensioni nello spogliatoio che per l’immagine del tecnico ‘in tuta’. Il sarrismo, finora, alla Continassa, si è visto più davanti ai microfoni che sul rettangolo verde. E in casa Juve l’auspicio era esattamente il contrario.

Nel bilancio in chiaroscuro dell’anno uno di Sarri a Torino c’è comunque anche qualche luce. Il principale merito del tecnico in questa stagione sta nell’aver riacceso la spina al talento di Dybala, che con Allegri era finito ai margini, e nell’aver riportato Cristiano Ronaldo su cifre di gol stratosferiche, in stile Real Madrid. Il ‘Dybaldo’ è la polizza assicurativa a cui l’ex dipendente bancario si è affidato per confermare il dominio bianconero in Italia e, soprattutto, il proprio posto in panchina per la prossima stagione. Con la possibilità di avere più potere in tema di scelte sul mercato. Per scrivere in lieto fine alla parabola calcistica di Sarri bisognerà però attendere l’esito della campagna europea. Che, inevitabilmente, rafforzerà o indebolirà la posizione dell’allenatore partito dal basso e arrivato a conquistare la Serie A.

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