A poco più di due mesi dalla sua istituzione, e a meno di venti giorni dalla sua rimozione, il lock down comincia a far vedere i suoi effetti devastanti. Aziende, dipendenti, liberi professionisti e mercati: tutti sulla stessa barca, quella della crisi. Una crisi che non ha risparmiato neppure il settore dei giochi, con la rete terrestre praticamente ferma.
Nonostante l’inizio della Fase 2, infatti, le agenzie di scommesse, le sale slot e le sale bingo rimangono chiuse e, salvo differenti disposizioni regionali, non potranno riaprire i battenti prima del prossimo 14 giugno. Con buona pace delle migliaia di lavoratori del settore.
Ma con l’industria dei giochi “congelata”, a perderci è anche lo Stato. Secondo un’indagine dell’Eurispes, per ogni mese di lock down l’Italia perde circa 750 milioni di euro. Una cifra davvero considerevole, soprattutto in un periodo in cui lo Stato stesso deve trovare le risorse per corroborare gli ammortizzatori sociali.
Secondo i dati del Conto Riassuntivo del Tesoro, nel primo bimestre dell’anno lo Stato ha incassato grazie al settore dei giochi qualcosa come 1,4 miliardi di euro. Più di un miliardo di euro deriva dal gettito erariale proveniente dagli apparecchi di gioco, quelli che come detto al momento risultano spenti.
E dire che il 2020 del settore dei giochi era già cominciato male, con l’introduzione di una tassa del 20% sulla parte di vincita che supera i 500 euro per alcuni giochi come Gratta e Vinci, Win for Life, Win for life Gold e SiVinceTutto. Non solo: il prelievo erariale sulle slot machine è salito al 23,85% e aumenterà al 24% dal 1° gennaio 2021.
Nel recente Decreto Rilancio, che dovrebbe diventare realtà a breve, è prevista poi un’ulteriore tassazione dello 0,50% sulla raccolta delle scommesse, che servirà a costituire il “Fondo per il rilancio del sistema sportivo nazionale”. Inizialmente si era parlato dello 0,30%, ma nell’ultima bozza la percentuale è stata ritoccata verso l’alto – e non di poco.
Un aumento della tassazione dello 0,50% sulla raccolta, e non sull’utile, avrebbe come inevitabile conseguenza quella di aumentare esponenzialmente la pressione fiscale sugli operatori, già gravati da una tassazione piuttosto pesante. Questo rischia di ripercuotersi sull’utente finale, lo scommettitore, che potrebbe ritrovarsi con quote meno allettanti del solito.
Più tasse significa riduzione del profitto e molte compagnie potrebbero anche decidere di lasciare l’Italia, alleggerendo lo Stato di quegli introiti che improvvisamente verrebbero a mancare. Inoltre, a giovarne potrebbero essere gli operatori illegali, che avranno la possibilità di offrire quote più allettanti rispetto alla concorrenza legale.
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