L’ultima notte di trattative, la lunga notte che divide il voto della Camera da quello in Senato e che decreterà la sopravvivenza del governo guidato da Giuseppe Conte. Così come fu lunga la notte del Pd quando l’allora segretario Matteo Renzi scelse le liste per il voto del 2018. Tanti i fogli con scritti i nomi e poi cestinati, sbianchettati e poi ricalcati, che alla fine disegnò il folto numero di fedelissimi da portare in Parlamento. Anche per Giuseppe Conte le riunioni sono destinate a riempire la fredda notte romana, come del resto le telefonate. Se serve anche fino a pochi minuti prima che l’avvocato pugliese varchi il portone del Senato. Qui inizierà la più lunga giornata del premier che, alla prova di palazzo Madama, dovrà misurarsi con una maggioranza che molto probabilmente ci sarà. Su quanto forte politicamente e numericamente sarà il voto a definirlo.
I contatti non si sono mai fermati, per ora però i voti sicuri sono 151-152. Nel dettaglio i 5Stelle possono contare su 91 senatori (hanno un assente per Covid), 35 il Pd, 8 per le Autonomie (compresa Elena Cattaneo), 17 per il Misto ( compresi Mario Monti, Liliana Segre e Gregorio De Falco ). A questi potrebbe aggiungersi il voto del senatore a vita Carlo Rubia (fino a qualche giorno fa negli Usa). Le certezze finiscono qui e sono di fatto traballanti. Gli occhi sono ancora puntati su qualche adesione dell’ultimo minuto proveniente dall’Udc, a dispetto del ‘no’ alla fiducia messo nero su bianco in una fredda nota al termine della segreteria politica del partito. A far sperare anche l’indecisione della senatrice di Forza Italia, Anna Carmela Minuto, e quella di Vincenzo Carbone, renziano dell’ultima ora (eletto in Forza Italia) in attesa del responso dell’aula dopo che la giunta per il regolamento ha deciso che il suo seggio in Campania deve andare a Claudio Lotito. Il pallottoliere si fermerebbe così a 155 se tutti presenti, solo un “miracolo”, confessano fonti della maggioranza, potrebbe portare l’asticella a 156.
Ad agitare i sonni della maggioranza, in aggiunta, sono anche le commissioni parlamentari. Italia viva ne guida quattro: due a Montecitorio e due a palazzo Madama. Alla Camera ci sono Luigi Marattin per la Finanze e Raffaella Paita per i Trasporti; in Senato invece c’è Annamaria Parente alla guida della commissione Igiene e Sanità e Riccardo Nencini quella dell’Istruzione. Quest’ultimo potrebbe anche rimanere in maggioranza lasciando il simbolo a Renzi, resta comunque difficile che i presidenti di Iv si dimettano volontariamente, lasciando il posto eventualmente a qualche esponente del Gruppo che nascerà a sostegno di Conte. Ricordiamo che lo stesso fecero i leghisti con la fine del governo giallo-verde: aspettando il cambio previsto a metà legislatura. Non è tutto. La composizione delle commissioni stesse, con Italia Viva all’opposizione, potrebbe rendere la maggioranza ancora più debole. Il rischio che il governo vada in minoranza potrebbe infatti essere dietro l’angolo a ogni seduta. Per questo si richiede la formazione di un nuovo gruppo parlamentare a sostegno dell’esecutivo per poter richiedere il riequilibrio all’interno di ogni commissione, evitando così al governo di dover trattare con i renziani che a situazione immutata sarebbero determinanti. Una spina nel fianco che Conte, dopo aver incassato la fiducia del Parlamento, dovrà necessariamente togliersi. Pena essere osta.