Si fa sempre più aspra la contrapposizione tra il Marocco e Amnesty International sulla vicenda del giornalista marocchino che sarebbe stato al centro di una presunta operazione di spionaggio. Le autorità marocchine avevano chiesto ad Amnesty di esibire le prove del rapporto presentato il 22 giugno, all’interno del quale venivano denunciati attacchi al telefono personale del giornalista attraverso l’uso di un malware di fabbricazione israeliana.
Trascorsi 5 giorni dalla richiesta e non ottenuta risposta, il governo marocchino si è dichiarato parte lesa e ha rigettato gli ultimi rapporti della Ong, sottolineando come non siano mai stati evidenziati i passi avanti del Regno sotto il profilo della tutela dei diritti umani. Non a caso, il capo del governo marocchino ha scritto una lettera ad Amnesty chiedendo di spiegare la ragione di queste accuse e rimarcando che “il Marocco è al centro di una campagna diffamatoria” e che “insiste per avere da questa organizzazione una risposta che includa tutte le prove materiali”.
Nel frattempo il giornalista – si legge – è sotto procedimento giudiziario per aver intrattenuto presunti rapporti con un ufficiale di collegamento di un paese straniero di cui il Marocco si rifiuta di rivelare l’identità secondo le consuetudini della comunità internazionale.
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