Per l’Ilva Luigi Di Maio “deve fare in fretta”, mentre una eventuale riconversione a gas “sarebbe impossibile. Sarebbe quasi meglio chiudere”. Sulla spinosa questione delle acciaierie, dove in totale lavorano quasi 20mila persone, per Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, è difficile nascondere l’apprensione. “Per evitare di continuare a sentire dichiarazioni che provocano incertezze abbiamo deciso di scrivere una lettera al ministro per essere ascoltati subito e fare un incontro, siamo preoccupati. Ogni giorno la situazione è più difficile – spiega a LaPresse il sindacalista che per 35 anni ha lavorato come operaio proprio all’Ilva – C’è un quadro economico che rischia di mettere in discussione le retribuzioni dei lavoratori”.
Il dossier è sicuramente in primo piano sul tavolo del ministro dello Sviluppo economico (e del Lavoro), che ha etichettato le dichiarazioni del fondatore del M5s Beppe Grillo (“Nessuno ha mai pensato di chiuderla”) come “opinioni personali”, assicurando che “ascolterà le parti con responsabilità”. Il tempo però stringe: dal primo luglio, infatti, Arcelor Mittal può formalmente chiudere l’acquisto della acciaierie anche se non ha trovato un accordo con i sindacati; gli indiani puntano ad assumere direttamente 10mila lavoratori, altri 1500 finirebbero in carico ad una Newco guidata da Invitalia e per altri 2300 ci sarebbe l’impegno a trovare una “collocazione stabile”. I sindacati, invece, continuano a insistere per la riassunzione delle attuali 13.800 persone in forza a Ilva. Ballano, insomma, quasi 4mila posti di lavoro.
Cosa pensa che succederà entro il 30 giugno? È un data importante, dal primo luglio Mittal deve decidere se rinunciare al passaggio o se subentrare negli stabilimenti senza l’accordo con noi. Loro possono farlo, io non glielo auguro: diventerebbe una bolgia, un percorso impraticabile. Per chiarezza noi abbiamo detto è inutile che ci convochino se non cambiano opinione. Noi aspettiamo che Di Maio ci convochi e gli chiediamo di fare in fretta.
Grillo ha parlato di riconversione sull’esempio tedesco della Ruhr… Credo sia solo una suggestione, le acciaierie devono essere ambientalizzate con le tecnologie esistenti. Sono processi lunghi, serve un intervento immediato, con questo piano industriale la riconversione è impossibile. Si fa meglio a dire che si vuole chiudere lo stabilimento. Riconversione è come dire chiusura: in quel caso noi chiederemo tutte e garanzie occupazionali per avere 20mila stipendi garantiti. Io non butterei quanto fatto a mare finora, abbiamo un piano ambientale dignitoso e un piano industriale coerente.
Quali sarebbero le eventuali conseguenze di una chiusura totale invece? Si aprirebbe un contenzioso enorme e si farebbe un favore a Mittal, che porterebbe comunque l’acciaio in Italia. Chiederebbe dei danni all’Italia perché han vinto un un bando europeo e ha diritto per 2 anni all’affitto di un grande asset industriale.
Vista la situazione siete pentiti di non aver accettato la proposta di maggio firmata Calenda? Sono sempre più convinto che un accordo con 4mila esuberi voleva dire mettere a ferro e fuoco azienda e città. Sarebbe stata una debacle, a quest’ora gli stabilimenti sarebbero stati fermi perché occupati dai lavoratori. Credo di aver agito in maniera corretta, l’intesa non l’abbiamo firmata perché quegli esuberi non sono accettabili.