Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, è stato iscritto nel registro degli indagati a Milano per le ipotesi di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure compilata nel 2017 dal governatore in relazione a un conto svizzero finito sotto la lente del pm. La procura milanese ha inoltrato, a questo proposito, alle autorità elvetiche una rogatoria per “completare la documentazione allegata alla domanda di voluntary disclosure” presentata da Fontana per “approfondire alcuni movimenti finanziari” del governatore. Lo comunica il procuratore Francesco Greco, chiarendo che la difesa del presidente lombardo si è “oggi dichiarata disponibile a fornire ogni chiarimento” anche con produzione di documenti o “presentazione spontanea dell’assistito”.
Al centro delle indagini, un conto bancario intestato a Fontana aperto alla Ubs di Lugano e “non operativo fin dagli anni ’80” sul quale dal 2017 sono confluiti 5,3 milioni di euro che il governatore lombardo ha ‘scudato’, dichiarando che si trattava di un’eredità. Fino al 1997, anno in cui la madre del presidente è deceduta, infatti, il capitale era gestito da una fondazione di famiglia attraverso due trust alle Bahamas, di cui Fontana risultava il beneficiario. E proprio per far luce sulla provenienza di quei fondi, i pm milanesi Paolo Filippini, Carlo Scalas, Luigi Furno, coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, hanno chiesto la collaborazione delle autorità elvetiche.
Il conto Ubs intestato al governatore Fontana è finito al centro dell’inchiesta milanese sulla fornitura di 75mila camici e altri dispositivi anti Covid che, in piena pandemia, Dama Spa – società del cognato di Fontana, Andrea Dini, e di cui la moglie del governatore Roberta ha una quota minoritaria – si è vista assegnare da Aria, la centrale acquisti di Regione Lombardia. Provvista che – una volta che la vicenda è diventata di dominio pubblico e che i media hanno iniziato a parlare di un possibile conflitto di interesse – è stata trasformata in donazione. Dama – famosa per produrre il celebre marchio di sportswear Paul&Shark – alla fine non ha consegnato a Regione Lombardia ben 25 mila camici, che ha cercato senza successo di rivendere a una struttura socio assistenziale della provincia di Varese.
Nello stesso periodo Fontana ha fatto partire proprio dal suo conto svizzero, tramite la milanese Unione Fiduciaria, un bonifico da 250mila euro destinato ad Andrea Dini. Operazione che, visto il ruolo pubblico del governatore e la cifra importante, è stata segnata come sospetta alla Banca d’Italia e che la procura ha interpretato come un tentativo di compensare il cognato per i mancati introiti. E proprio da qui è partita l’indagine che vede indagati, tra gli altri, Fontana e Dini indagati per frode in pubbliche forniture.
Il nome del governatore, a quanto è emerso da fonti giudiziarie, risulta anche iscritto nel registro degli indagati per le ipotesi di autoriciclaggio e false dichiarazioni nella voluntary disclosure compilata nel 2017. Due ipotesi che, a quanto si apprende, la procura starebbe approfondendo già da qualche mese.
Anche i legali di Fontana hanno tenuto a precisare che il governatore è intenzionato a fare piena luce sulla provenienza dei 5,3 milioni depositati Oltralpe. “Il comunicato della Procura della Repubblica – hanno chiarito i suoi difensori, gli avvocati Jacopo Pensa e Federico Papa – dà conto della volontà del Presidente Fontana di non lasciare ombra alcuna in ordine alla procedura della voluntary disclosure, su cui i magistrati intendono fare chiarezza definitiva”.