“Se la scienza, l’economia, e la tecnologia sono nemici della transizione ecologica abbiamo perso”. Così Roberto Della Seta, autore del libro ‘Ecologista a chi?‘, nel corso di un evento realizzato da eprcomunicazione per discutere proprio di transizone ecologica in una fase così difficile, con la pandemia e la guerra in Ucraina. “Stare fermi per la transizione ecologica – osserva Della Seta ricordando che ‘transizione’ offre proprio il senso del movimento – è un grande problema”.
‘Ecologista a chi?’, il libro
La fase di transizione, ecologica e economica, che vive quest’epoca di ripresa dalla fase più dura della pandemia diventa un modo per raccontare l’ecologia; non senza ostacoli che guardando a fondo sono almeno due: da un lato chi ci crede veramente e chi invece fa finta, dall’altro invece la fatica degli ambientalisti a convincersi di quello che è giusto fare ‘tecnologicamente’ per salvare il Pianeta. E’ questo quello che succede quando un paladino dell’ambiente come Roberto Della Seta decide di porsi alcune domande, e naturalmente di offrire delle risposte. Una in particolare potrebbe sorprendere: “Gli ecologisti oggi devono cambiare pelle”. Ne nasce così un nuovo libro ‘Ecologista a chi?’ (con sottotitolo esplicativo ‘Chiara fama e lati oscuri del pensiero green alla prova del Covid’) edito da Salerno editrice.
Il libro, lungo le sue 230 pagine, prova a ricostruire “i passi del movimento ecologista, mettendo in risalto anche i suoi straordinari successi nello sviluppo del pensiero moderno e nella diffusione di una certa sensibilità nell’opinione pubblica”. Oggi se n’è discusso in un incontro ad hoc, realizzato da eprtalks (in collaborazione con LaPresse) – cui hanno preso parte Rossella Muroni, Chicco Testa, Francesco Rutelli, Marcello Masi – e che ha aggiunto un altro drammatico tassello alla narrazione, quello della guerra in Ucraina.
“E’ un tentativo di dimostrare – spiega Della Seta – che di fronte alla transizione ecologica ci sono almeno due ostacoli: chi con la scusa della minimizzazione, che è oggi la nuova forma assunta dal negazionismo, si dipinge di verde e porta avanti soltanto del ‘greenwashing’, e chi parla di costi elevati sostanzialmente con l’intento di frenare; un altro pezzo riguarda proprio gli ambientalisti che, oggi in alcune loro espressioni, rischiano di diventare parte del problema mostrando una certa diffidenza verso la tecnologia”.
Un esempio – osserva l’autore – arriva dalle “difficoltà che incontriamo alla diffusione delle energie rinnovabili: fatichiamo per via della lentezza degli iter e dei grovigli della burocrazia ma anche perché di fronte a un impianto fotovoltaico o a un parco eolico c’è chi si mette di mezzo”. E allora cosa occorre fare? “Bisogna liberarsi dai pregiudizi – ragiona Della Seta – e in alcuni casi anche dai limiti: credo che gli ecologisti oggi debbano cambiare pelle, non devono più imporre il tema ma devono contribuire a risolverlo”.
Inoltre, anche la sfida del Covid divide in due la riflessione. La pandemia – dice ancora Della Seta – offre una ragione agli ecologisti per poter dire che la devastazione degli ecosistemi porta a dover pagare un prezzo. Oppure il Covid dimostra che se non ci si affida alla scienza e alla tecnologia non si può superare la crisi. Ma è forse dalla contraddizione, e quindi da una corretta e libera sintesi, che deve nascere il pensiero dell’ecologia contemporanea.