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Harrison’s Fund, provocazioni a scopo umanitario

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

E’ giusto che una onlus usti strategie di comunicazione choccanti per raccogliere fondi?  C’è chi l’ha fatto (con la giusta intelligenza) ed è riuscito ad affermarsi senza offendere nessuno. E’ il caso di Harrison’s Fund, una charity nata ‘in famiglia’ e diventata oggi un importante onlus internazionale. HF sta uscendio in questi giorni con una nuova campagna e ha una storia interessante.

La charity viene fondata da Alex Smith, allora consulente di marketing di successo, quando, nel 2011, scopre che uno dei suoi figli è affetto da una rara e letale forma di distrofia muscolare.

Alex e sua moglie decidono di dedicare le loro carriere e le loro vite non solo al figlio, ma ad aiutare la ricerca per questa malattia.

La charity che fondano, Harrison’s Fund, dal nome del figlio, ha lo scopo di raccogliere fondi per le ricerche mediche per combattere la distrofia muscolare di Duchenne. A differenza di altri enti di beneficenza che si occupano di malattie, Harrison’s Fund si concentra sulla ricerca, piuttosto che su trattamenti palliativi.

Come ha fatto Alex a creare una realtà così importante in pochi anni e perchè oggi se ne parla? Perché questa charity è nata dalla forza di una sola famiglia ed è’ cresciuta rapidamente grazie a una strategia di comunicazione aggressiva e non convenzionale per scuotere le persone e far parlare di sè. Giusto? Il fine giustifica i mezzi.

La prima campagna che fece scalpore fu: “Vorrei che mio figlio avesse il cancro’ – ‘I wish my son had cancer”, in collaborazione con l’agenzia AIS London che lo fece probono.

La campagna riuscì nell’intento: choccò l’audience, attirò commenti di ogni genere, anche negativi ma raggiunse l’obiettivo: dare visibilità a questa rara malattia, che proprio perchè tale veniva considerate meno ‘importante’ di altre e quindi raccoglieva meno fondi per la ricerca medica. Grazie a questo messaggio, Harrison’s fund attirò grande attenzione su di sè e, di conseguenza, fondi per la ricerca.

Dopo un paio di anni, di nuovo Harrison’s Fund provoca con un’altra campagna di comunicazione forte: scommette e dimostra come un’immagine di un cagnolino possa attirare più compassione rispetto a quella di una bambino malato. Infatti l’immagine del cane ottiene il doppio di click di quella del bambino.

Alex, riferendosi a questa campagna, dice: “Non volevo essere frainteso, io amo I cani. Ma perché dare la priorità ad un animale invece che a un bambino malato?”.

E’ di queste settimane l’ultima campagna, (http://gymexcuses.com/) questa volta non cosi’ provocatoria, ma comunque con un messagio particolarmente incisivo e originale. “Quanti di noi hanno nella vita acquistato costosi abbonamenti annuali a palestre che poi non hanno adoperato?”. Alex ha fatto un po’ di conti e ha scoperto che ogni anno 558 milioni di euro vengono sprecati in membership di centri sportivi. Se gli stessi soldi venissero donati per trovare una cura per la distrofia muscolare di Duchenne, forse avremo presto una cura definitiva”.

Quindi il messaggio di comunicazione giusto a volte può fare la differenza e il marketing a cui spesso si dà un’accezione negativa può essere usato bene e per fare del bene.

 

Wegiveit

Wegiveit è un portale che offre agli utenti la possibilità di donare alla charity del cuore senza mettere mano al portafogli, solo guardando dei video pubblicitari.

Wegiveit ha ad oggi una quarantina di onlus con una seria reputazione e un certo numero di sponsor che hanno deciso di dedicare una parte della loro pubblicità per scopi benefici. Offrendo un modo innovativo di fare donazione è riuscita a raggiungere migliaia di utenti tutti accomunati dal ‘buon cuore’

La comunità Wegiveit è cresciuta in questi due anni di attività, dandoci la possibilità di venire a conoscenza di realtà coraggiose ed incredibili, di storie di forza e di passione e di persone straordinariamente generose.

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