Folla a Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, per la cerimonia civile per i funerali di Umberto Veronesi. La camera ardente in Sala Alessi, con i gonfaloni listati a lutto di Regione Lombardia e della Città metropolitana, è rimasta aperta anche stamani dalle 8.30 alle 10.15. Hanno partecipato, oltre ai famigliari e alle istituzioni cittadine, il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, gli ex sindaci di Milano Gabriele Albertini e Carlo Tognoli e l’ex primo cittadino di Torino Piero Fassino. Per l’occasione il sindaco di Milano Giuseppe Sala ha proclamato il lutto cittadino. Dopo un omaggio musicale eseguito al pianoforte dal figlio Alberto Veronesi, direttore d’orchestra, circondato da corone di calle rosse e bianche, gli interventi di Sala, Paolo Veronesi, Emma Bonino, il professore Pier Giuseppe Pelicci, direttore della Ricerca dell’Istituto europeo di oncologia, e le nipoti del luminare Elena e Gaia. Per consentire di seguire la celebrazione all’intera cittadinanza sono stati installati due maxi-schermi, uno all’interno del cortile del Comune e l’altro su piazza della Scala.
L’oncologo, che è stato anche ministro della Salute, è morto all’età di 90 anni martedì sera nella sua casa di Milano. “In fondo lui che ha sempre predicato l’eutanasia, cioè il diritto di non soffrire, in qualche modo non ha voluto essere curato alla fine”, aveva spiegato il figlio Alberto, “non ha voluto essere ricoverato, non ha voluto nessun prolungamento, ha voluto andarsene e questo è stato inevitabile. Se n’è andato in maniera naturale. Nessuno pensava che ci sarebbe stato un decorso così rapido, pensavamo addirittura di festeggiare i suoi 91 anni il 28 novembre, invece, adesso, ricordiamo l’ultimo compleanno in cui ha raccontato tutta la sua vita”.
Sala, commosso fino alle lacrime, ha raccontato durante il funerale di essere stato paziente di Veronesi quando era malato di cancro: “Mi ha aiutato a guarire – ha detto Sala con la voce rotta – Mi ha regalato grande insegnamento: la malattia farà sempre parte della tua vita, non la devi considerare come altro da te. Vivi e pensa che noi e le nostre malattie siamo la stessa cosa. Ma che ci si cura, sempre. Grazie Umberto per tutte le volte che hai compreso il nostro dolore”.
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