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Migranti, dossier sul tavolo del Consiglio: ma la questione ‘ungherese’ agita l’Ue

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Erano tre anni che non si parlava del tema migranti a un livello così alto, tra i capi di Stato e di governo che oggi si riuniranno nel Consiglio europeo. Il tema è stato fatto mettere in agenda dall’Italia, con la speranza di ottenere qualcosa dall’Ue in vista degli sbarchi della stagione estiva. Non si tratta solo di redistribuzione, fanno sapere fonti a Bruxelles, una richiesta che non è mai stata fatta esplicitamente dal governo italiano, ma si tratta di ridisegnare un sistema che consideri il fenomeno migratorio come parte integrante dell’azione esterna dell’Ue e di conseguenza una richiesta alla Commissione di formulare prima una mappatura e poi una proposta su come far convogliare le diverse risorse degli Stati. Infine, sul tavolo il rafforzamento della politica dei rimpatri per superare l’attuale situazione di un sistema a ragnatela tra i singoli Stati, spiegano fonti diplomatiche.

L’intento è quello di affrontare tutti gli aspetti del fenomeno, compresi i salvataggi in mare, la collaborazione con l’Unhcr per i rifugiati e con l’Oim per i rimpatri. E poi il grande tema dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, che vorrebbero riconosciuto lo status speciale delle loro frontiere marittime rispetto a quelle terrestri, in quanto esposte a rischi maggiori per il salvataggio dei migranti e con un controllo e una gestione più difficili. “Faremo il punto della situazione sulle varie rotte. Il nostro obiettivo continua a essere quello di prevenire la perdita di vite umane e ridurre la pressione sui confini dell’Ue – ha scritto il presidente Charles Michel nella lettera di invito -. Ci concentreremo quindi sulla dimensione esterna, con l’obiettivo di rafforzare la nostra cooperazione con i paesi di origine e di transito. Dovremmo imporre un’azione che produca risultati rapidamente”.

Nell’agenda del Consiglio europeo è entrata nei giorni scorsi anche la Libia, con l’impegno dell’Unione europea nel processo di stabilizzazione sotto gli auspici delle Nazioni Unite, soprattutto in vista delle elezioni del 24 dicembre. Impegno ribadito anche durante la conferenza ministeriale di ieri a Berlino. I leader dei 27 discuteranno anche di Etiopia, con la situazione nel Tigray, Sahel, Turchia, Bielorussia e Russia. Sulle relazioni con Mosca il nostro Paese riaffermerà la linea del “coinvolgimento selettivo”, ossia una collaborazione come partner su alcuni fronti come la lotta al cambiamento climatico, al terrorismo, la Siria e la Libia, mentre una presa di distanza sugli altri.

La giornata di venerdì invece vedrà sul tavolo più temi economici, dalla ripresa che prende il via dall’approvazione da parte della Commissione Ue dei piani nazionali di ripresa e resilienza e che dovrebbero passare per l’ok definitivo dell’Ecofin di metà luglio, almeno per la prima parte di Paesi che ha presentato il proprio piano entro il 30 aprile, tra cui l’Italia. Si farà il punto sul “successo della campagna di vaccinazione”, sulla necessità di donare ed esportare vaccini al di fuori dell’Ue e sulle “dieci lezioni apprese” sul Covid per il futuro. Venerdì saranno presenti anche i presidenti della Banca centrale europea e dell’Eurogruppo per una discussione su come promuovere una ripresa economica forte e sostenibile ma anche come affrontare il futuro dell’Unione bancaria e dell’Unione dei mercati dei capitali, nonché il coordinamento delle politiche nell’area dell’euro.

 

Infine potrebbe fare irruzione sulla scena dei leader europei, il tema dei diritti civili in Ungheria dopo la proposta di legge di Budapest sull’educazione sessuale dei minori accusata di essere discriminatoria contro le persone Lgbtiq. Una proposta che la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ieri ha definito “una vergogna” scatenando la risposta altrettanto piccata del governo di Orban. In particolare il tema potrebbe essere sollevato dal premier olandese, Mark Rutte, magari in un’occasione più informale come la cena di oggi. Proprio l’Olanda, assieme al Lussemburgo e al Belgio, si era fatta promotrice di una dichiarazione contro il governo ungherese che ha raccolto le firme di 17 Stati membri.

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