Acqua su Marte: liquida e salata. Sono queste le prime conclusioni delle indagini di studio del radar italiano MARSIS (da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) a bordo della sonda europea Mars Express, pubblicati sulla rivista scientifica Science: ‘Radar evidence of subglacial liquid water on Mars’.
Nella pubblicazione il team composto da ricercatori appartenenti a centri di ricerca ed università italiane (Agenzia Spaziale Italiana (ASI), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Università degli studi Roma Tre, Università degli studi D’Annunzio, Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e Sapienza Università di Roma), mostra che oggi abbiamo, per la prima volta, la prova che sotto la superficie di Marte c’è dell’acqua allo stato liquido.
I dati di MARSIS indicano che probabilmente l’acqua è salata poiché alla profondità di 1.5 km, dove l’acqua è stata identificata, la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0°C. I sali, che probabilmente sono simili a quelli che la sonda NASA Phoenix ha trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da ‘antigelo’ aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono ingredienti che potrebbero far pensare anche ad una nicchia biologica. I ricercatori sono convinti che potrebbero esserci altre zone con condizioni favorevoli alla presenza di acqua in profondità su Marte ed ora, messo a punto il metodo di analisi, potranno continuare ad investigare.
Grazie alla sonda Viking della NASA dal 1976, è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi e le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza.
“Il grande dilemma era quindi quello di dove sia finita tutta quell’acqua – racconta Roberto Orosei dell’Inaf, primo autore dell’articolo – Buona parte di questa è stata portata via dal vento solare, che spazzò quella che mano a mano si vaporizzava dalla superficie degli specchi d’acqua. Un’altra significativa porzione è depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie o è legata al terreno nel permafrost. Ma una parte doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità e potrebbe ancora trovarsi allo stato liquido”.
Questo era ciò che si ipotizzava a metà degli anni ’90, quando la missione Mars Express fu annunciata dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) e l’ASI propose di adottare un radar a bassa frequenza per investigare il sottosuolo a grande profondità. “Un contributo importante venne dai colleghi del JPL della NASA e dell’Università dell’Iowa”, commenta Enrico Flamini, già Chief Scientist di ASI. Questi ultimi erano principalmente interessati alla misura della ionosfera marziana, mentre il JPL curò lo sviluppo presso l’industria americana dell’antenna, due leggerissimi tubi di kevlar lunghi 20 m ognuno che, per poter essere montati a bordo ed essere lanciati con il satellite, dovevano essere ripiegati in una scatola di poco più di un metro di lunghezza. Ci sono voluti 4 anni, ma il gruppo è riuscito a determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente è maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida.
“Questi risultati indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale, – dice Elena Pettinelli, responsabile del Laboratorio di Fisica Applicata alla Terra ed i Pianeti dell’Università Roma Tre e co-investigatore di MARSIS- simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici, relativamente esteso e con una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da MARSIS. In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo nel quale l’acqua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro”.
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