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Killer Sacko, ferito: “Prendeva la mira per sparare”. La famiglia: “Paghiamo un giornalista”

Foto AP-LaPresse - Tutti i diritti riservati

Mentre il Pd si riunisce a San Ferdinando per ricordare Soumaila Sacko, il 29enne maliano, attivista contro il caporalato, ucciso a colpi di fucile nell’ex fornace di San Calogero, nel Vibonese, emergono nuovi dettagli sulla notte dell’omicidio.

Secondo il racconto ai carabinieri di Madhieri Drame, anche lui maliano e rimasto ferito dagli stessi colpi che hanno ammazzato il sindacalista dei braccianti, Antonio Pontoriero, il 43enne di San Calogero fermato giovedì per l’omicidio, avrebbe sparato prendendo la mira. “Mentre ero con Sacko sul tetto della struttura per smontare alcuni pannelli, ho sentito un colpo di fucile. Ci siamo spaventati e siamo scesi”, racconta Drame. “Guardando nella direzione da cui provenivano gli spari, ho notato un uomo a distanza che ci osservava da seduto puntandoci il fucile contro”.

Secondo quanto si legge nel decreto di fermo di Pontoriero, Drame non ha fatto in tempo ad avvertire l’amico di spostarsi che “un altro colpo di fucile lo ha colpito alla testa e lo ha fatto cadere per terra. Poi ha iniziato a sanguinare”. E il ragazzo aggiunge: “Io sono riuscito a ripararmi dietro a un muro. Da qui ho notato che l’uomo che puntava il fucile si spostava per avere una visuale migliore per cercare di spararmi contro”.

In quegli stessi istanti un terzo maliano, Madou Foune Fofana, che si era recato nell’ex fabbrica assieme ai due connazionali per recuperare pannelli con cui costruire baracche, è stato preso di mira dall’uomo armato, riuscendo però a ripararsi con le lamiere. Mentre Soumaila era a terra morente, “l’uomo con il fucile ha continuato la sua ricerca su di me e Fofana per spararci contro. Io, guardandolo da lontano, sono uscito dal mio rifugio per cercarne uno migliore, ma così lui è riuscito a colpirmi alla gamba destra”.

Dal decreto di fermo emergono anche i tentativi dei familiari di Pontoriero di concordare delle versioni in merito all’omicidio e di orientare l’informazione. “Dobbiamo trovare il giornalista giusto“, “Eh.. Lo paghiamo!“, “Per questo ci impegnamo”, “Adesso vediamo le cose come vanno qua”, “Adesso ci sta troppo movimento”, dicono i famigliari del fermato subito dopo i fatti non sapendo di essere intercettati.

Secondo la ricostruzione degli investigatori, i famigliari di Pontoriero, convocati dai carabinieri dopo la notifica del sequestro della Fiat Panda del parente, avrebbero concordato delle versioni da dare agli organi procedenti, soprattutto in merito all’utilizzo dell’autovettura. In una conversazione captata i famigliari fanno dei cenni al togliere il colpo dopo aver sparato (“quando sparano tolgono il colpo… toglilo questo colpo!”), il cui riferimento, secondo quanto ricostruito dal sostituto procuratore Ciro Luca Lotoro, è collegabile alla circostanza che sulla scena del crimine sia stato rinvenuto proprio un bossolo finito in un cespuglio di fianco al punto di esplosione dei colpi. In un altro passaggio della conversazione intercettata emergerebbe la volontà della sorella dell’indagato di “coprire” il fratello non “cantando” nulla: “Io non canto, gli dico che mio fratello è un lavoratore. Di altro ho la facoltà di non rispondere”.

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